SPIEGAZIONI E DOMANDE RICORRENTI
Cosa significa “cosmetico no-cruelty”?
Il cosmetico no-cruelty in senso assoluto non esiste. Tutti
i cosmetici in commercio sono realizzati con ingredienti che
sono stati testati su animali, in tempi recenti o in tempi
remoti. La definizione è quindi necessariamente relativa
e non ha senso parlare di guida no-cruelty se non si chiarisce
il criterio adottato per stilarla.
Cronistoria delle definizioni “no-cruelty”
Nel 1976 entrò in vigore in tutta Europa la direttiva
CEE 768 che stabilì che:
a) non è obbligatorio testare su animali i prodotti
cosmetici FINITI
b) è obbligatorio testare su animali tutti i NUOVI
ingredienti DI SINTESI (sono quindi esclusi quelli vegetali)
Il risultato di questa direttiva fu che:
a) le aziende cosmetiche europee che testavano i prodotti
finiti smisero di farlo (perché non obbligatorio, inutile
e costoso)
b) tutti gli ingredienti di sintesi di nuova formulazione
(che di norma vengono realizzati da laboratori specializzati
e poi venduti alle aziende cosmetiche) sono sicuramente testati
su animali.
CONCLUSIONE: un prodotto può essere
definito no-cruelty solo se è realizzato con ingredienti
non testati su animali cosa che, in assoluto, non esiste.
Per individuare i prodotti “meno crudeli”, in
un primo tempo si disse che un cosmetico è no-cruelty
se contiene esclusivamente ingredienti realizzati prima del
1976 (cioè gli ingredienti della cosiddetta Positive
List). Anche questa definizione è però
relativa perché, se è vero che i test su animali
per le materie prime furono resi obbligatori nel 1976, ciò
non significa che prima di questa data essi fossero vietati
nè che le grosse aziende del settore non li utilizzassero
regolarmente.
Con il passare degli anni, comunque, le poche aziende cosmetiche
che garantivano di utilizzare esclusivamente gli ingredienti
della Positive List sono via via scomparse dal mercato per cui si rese necessario individuare
nuovi criteri.
Nel 1998, le 35 associazioni animaliste che costituiscono
la European Coalition to End Animal Experiments on
Animals (in Italia rappresentata da LAV)
pubblicò un elenco di aziende aderenti allo “Standard
Internazionale”. Oltre a non testare i prodotti durante
la fase della produzione, le aziende che fanno parte di questa
lista si sono impegnate a non utilizzare ingredienti di sintesi
realizzati dopo il 1 gennaio 1998. Seppure
i prodotti di queste aziende contengono ovviamente ingredienti
testati su animali in tempi precedenti, un impegno di questo
genere comporta infatti un taglio completo e definitivo con
il mondo della vivisezione.
Che criterio è stato adottato in questa lista?
Il criterio adottato è il COD (cut off date) ovverosia
l'impegno, da parte dell¹azienda,
a non acquistare ingredienti di sintesi di nuova formulazione
a partire da un certo anno del passato (a scelta dell'azienda).
Nel caso di autocertificazioni, per motivi prudenziali, sono
state accreditate solo le aziende che hanno dichiarato un
COD di almeno tre anni anteriore rispetto alla data della
dichiarazione (ad esempio il 2001 se la dichiarazione viene
fatta nel 2004). Nel caso invece il comportamento no-cruelty
dell'azienda sia riconosciuto dalla certificazione
ICEA-LAV (rilasciata dall'Istituto di Certificazione
Eco-Ambientale AIAB, in collaborazione con LAV, Lega Antivivisezione),
in considerazione delle verifiche periodiche che questa certificazione
comporta, il COD può coincidere con la data stessa
di sottoscrizione dell'impegno (ad esempio il 2005 se la certificazione
viene rilasciata nel 2005).
Questo criterio flessibile permette di aggiornare la lista
in continuazione e incentiva quindi le aziende che non si
sono ancora impegnate in questo senso.
Per i detersivi valgono le stesse regole?
Sì. Il prodotto finito può non essere testato
su animali (la legge non lo richiede) ma gli ingredienti di
nuova formulazione devono essere sottoposti a questi test
obbligatoriamente. L’unica differenza è che le
materie prime di un detersivo sono molto più aggressive
di quelle usate nei cosmetici per cui i test utilizzati in
questo settore sono più numerosi e di peggior natura.
Anche in questo campo esistono aziende che si avvalgono prevalentemente
di ingredienti vegetali e che, essendosi impegnate ad abbracciare
un COD per quanto riguarda gli ingredienti chimici, possono
essere definite “no-cruelty”. Oltre ai prodotti
di queste aziende, si possono poi usare ingredienti “di
base” (alcool denaturato, candeggina, ammoniaca, soda…)
che, essendo già stati testati in un lontano passato,
non devono essere sottoposti ad ulteriori verifiche.
DOMANDE RICORRENTI
Come mai in altre guide no-cruelty ci sono aziende
che non figurano in questa guida?
L’inclusione in questa lista è subordinata al
rilascio, da parte dell’azienda, di una dichiarazione
scritta che ben chiarisca la natura no-cruelty degli ingredienti
(non testati su animali da almeno tre anni). Nonostante siano
state contattate ripetutamente, alcune aziende giudicate positive
da altre guide non hanno fornito alcuna garanzia in questo
senso oppure non hanno risposto affatto.
Altre aziende non risultano più attive sul mercato
italiano oppure sono talmente difficili da reperire che non
mi è stato neppure possibile rintracciarle su Internet.
La lista è comunque “aperta” a continui
aggiornamenti. Le aziende che sono in grado di dichiarare
un COD, devono semplicemente comunicarcelo.
Come mai Weleda, che dichiara di non utilizzare ingredienti
testati su animali dopo il1985, non è inclusa nella
lista?
Weleda è in effetti un’azienda cosmetica
no-cruelty e come tale riconosciuta dalle associazioni animaliste
di tutto il mondo. L’azienda produce una vasta gamma
di articoli (creme, prodotti per bagno/doccia, deodoranti,
saponi, dentifrici, prodotti per la barba e per l’igiene
dei neonati, prodotti per l’igiene dei capelli e per
la protezione solare), tutti prodotti con ingredienti vegetali
di ottima qualità. L’azienda, però, produce
anche farmaci, che devono essere testati su animali per legge;
quindi chi acquista i cosmetici Weleda in ultima analisi sovvenziona
un’azienda attiva nel mondo della vivisezione. Pur conscia
del fatto che i farmaci sono talvolta indispensabili e che
qualcheduno li deve pur produrre, non credo sia giusto arricchire
un’azienda farmaceutica quando non strettamente necessario.
Sulle etichette dell’azienda *** c’è
scritto “no-cruelty” ma l’azienda non è
nella lista. Come mai?
Le diciture sulle etichette, inclusa la dicitura “no-cruelty”
e/o il simbolo del coniglietto, si riferiscono di norma al
prodotto finito e non agli ingredienti e quindi servono solo
a creare confusione.
Aboca, Argiletz, Argital, Blueberry,
Bottega Verde, Cosval, Ecor, Ecover, Gavarry, Herbalife, Just,
L’Erbolario, Lacote, Lakshmi, Fratelli Carli, Montalto
Natura, Planter’s, Società del Karitè,
Specchiasol, Verdesativa… tanto
per citare le aziende di erboristeria più diffuse,
non hanno risposto alla mia richiesta di informazioni oppure
non hanno potuto garantire un COD quindi, salvo prova contraria,
non possono entrare a far parte di questa guida.
Detto ciò, è utile ricordare che le aziende
di erboristeria (seria) fanno un uso di ingredienti DI
SINTESI (testati su animali) molto limitato, in quanto
i prodotti di erboristeria sono realizzati prevalentemente
con ingredienti VEGETALI (non
soggetti ad obbligo di test su animali). Dovendo
scegliere tra un prodotto di profumeria o supermercato ed
un prodotto di erboristeria, non ci sono dubbi che sia meglio
dare la preferenza a quest’ultimo, anche quando questo
non è garantito no-cruelty. Fate solo attenzione a
scegliere prodotti realmente “naturali” e non
prodotti che di naturale hanno solo il nome o la confezione
(ad esempio un normale detersivo chimico arricchito con il
“profumo” del sapone di Marsiglia).
Attenzione anche ai marchi di erboristeria in vendita in farmacia:
non è da escludere che essi siano prodotti da aziende
attive, oltre che nel settore cosmetico, anche in quello farmaceutico.
Questo è il caso, ad esempio, di Docteur
Nature.
Come mai Clarins è giudicata no-cruelty ma
non figura in altre guide?
Per le aziende di grosse dimensioni, questa studio si è
rifatto ai giudizi di studi analoghi condotti da altre associazioni
animaliste o da riviste di consumo critico straniere. Clarins
è dichiarata no-cruelty da Naturewatch Trust
(un’associazione inglese; vedi www.naturewatch.org,
Compassionate Shopping Guide). E’ pur
vero però che secondo un’altra associazione inglese,
la British Union for the Abolition of Vivisection,
Clarins non ha un COD e si impegna semplicemente
a minimizzare il suo apporto alla vivisezione utilizzando
ingredienti di sintesi realizzati molto tempo fa (dieci o
più anni prima della produzione).
Quali sono le aziende che hanno dichiarato di aver
abbracciato un COD in tempi recentissimi e non sono quindi
ancora incluse nella guida?
Fitocose e Solimè hanno
dichiarato un COD 2003. Se manterranno le
promesse, entreranno nella lista positiva
Qual è il punto della legge UE riguardo ai
test per cosmetici?
Nel 1993 è stata approvata una legge UE che avrebbe
dovuto introdurre il divieto di testare su animali i prodotti
cosmetici, ingredienti inclusi, a partire dal 1998. Poiché
ancor oggi non esistono tutti i test “alternativi”
necessari, l’applicazione di questa legge avrebbe in
pratica obbligato le aziende cosmetiche ad utilizzare esclusivamente
gli ingredienti già esistenti sul mercato e, seppure
ce ne siano già decine di migliaia, questa limitazione
non era e non è tollerabile per l’industria del
settore, sempre alla ricerca di formule nuove che giustifichino
il lancio di nuovi prodotti. Questo contrasto di interessi
avrebbe potuto essere in buona misura evitato se l’ECVAM,
l’Istituto di Ricerca istituito appositamente per trovare
metodi alternativi, avesse ricevuto adeguati incentivi economici
e, soprattutto, se i test comunque messi a punto dagli scienziati
di questo centro non fossero a tutt’oggi fermi in un
cassetto, in attesa di una “validazione” da parte
delle istituzioni…. Sta di fatto che gli interessi del
mondo dell’industria hanno avuto la meglio e la legge
non solo non è mai stata applicata ma nel 2003 è
stata sostituita da una nuova legge che proroga i termini
al 2009. Per tre test in particolare, la data slitta addirittura
al 2013 o ad una data ancora successiva nel caso che, per
quell’epoca, non siano stati trovati test alternativi
adeguati.
L’unico piccolo progresso concreto raggiunto dal 1993
ad oggi è il bando dei test su animali relativamente
ai prodotti FINITI che è entrato in vigore nel settembre
2004.
Malgrado l’apparenza, si tratta di una soddisfazione
molto piccola giacché, non essendo obbligatori dal
‘76, nessuna azienda europea svolgeva da tempo test
su animali per i prodotti finiti. L’ unico aspetto positivo
di questa disposizione è che d’ora in poi l’etichetta
di un prodotto cosmetico non potrà più affermare
“prodotto finito non testato su
animali” e quindi sarà un po’ più
difficile ingannare i consumatori.
Quali sono le aziende che hanno dichiarato di aver
abbracciato un COD in tempi recentissimi e non sono quindi
ancora incluse nella guida?
Fitocose e Solimè hanno dichiarato un COD 2003. Se
manterranno le promesse, entreranno nella lista positiva nel
2006.
W.S.Badger ha invece dichiarato un COD 2005 per cui, pur apprezzando
la natura prevalentemente vegetale dei suoi prodotti è,
per il momento, ancora lontana da un giudizio di piena positività.
Per ulteriori info, puoi scrivere a: stop_animalcruelty@yahoo.it
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