FILOSOFIA, ETICA E DIRITTI ANIMALI
Approfondimenti:
Link:
Esiste un'etica per gli animali? (Luisella Battaglia)
Documento:
Anche gli animali piangono - Jeremy Rifkin (pdf)
Animalisti contro la guerra
Colpisci e terrorizza
Animali umani e non. Quelli non umani
hanno sentimenti e quindi meritano diritti (Jeremy Rifkin)
Animalismo per ragazzi
A volte ritornano
Animalia
Articolo:
i pensieri del moscerino
ANIMALIA
di Giuliano Sadar
All'inizio, la solita obiezione. C'è tanto da fare per gli
umani, che i "non umani" possono pure attendere. Detta
così, fila liscia che è un piacere. E l'animalismo
un passatempo per borghesi annoiati e disattenti ai veri problemi
del mondo. In realtà, i meccanismi di questo ragionamento
sono ingenui (nel migliore dei casi) o disonesti (nel peggiore)
quanto quelli per cui è necessario abbracciare la filosofia
del transgenico per non far morire la gente di fame. O quelli per
cui i problemi del sottosviluppo sono legati a una scarsa produzione
di risorse e non alla loro iniqua distribuzione.
Subito un esempio per chiarirci: un manzo adulto ogni giorno consuma
una quantità di vegetali dodici volte superiore a quella
di un umano. Lo sviluppo dell'industria della carne richiede quindi
uno sfruttamento di alimenti vegetali che da soli permetterebbero
di sfamare un miliardo di persone. I milioni di ettari di foresta
tagliata nel terzo mondo per farne pascoli (esercizio profittevolissimo
per le multinazionali degli alimenti), sono terra tolta ai contadini,
costretti ad emigrare nelle città e a lavorare nei macelli,
e distruzione della biodiversità. E quando ciò non
è possibile, la logica del profitto consente in Occidente
allevamenti intensivi (di polli, bovini, suini, visoni, struzzi,
cavie da sperimentazione) dove la manodopera è ridotta al
minimo e il rendimento cadaveri/ora è massimo. Catene di
montaggio di morte dove gli animali, imbottiti di tranquillanti,
estrogeni e altre schifezze, vivono nella sofferenza nell'attesa
della fine. Catene di montaggio. Di morte. Dove le urla di dolore
e disperazione dei non umani vengono vissute con abominevole distacco
della specie superiore. E' breve attesa per i vitelli, ad esempio,
lasciati anemici per soddisfare le nostre voglie da culi pieni di
carne delicata e bianca, che lasciano nella disperazione le loro
mamme. Sì, le mucche. E allora? La morte più o meno
atroce, dipenderà dal buon cuore degli umani. I quali poi
si ammaleranno di tumori all'apparato digerente o di patologie cardiocircolatorie
per le loro gozzoviglie di grassi animali.
Discorsi distanti? No, vicinissimi. Li vedete dentro la vostra bistecca
o nel vostro panino di mortadella. O nella confezione a basso prezzo
nel superdiscount.
Per un animalista (parola stupida, come se non fossimo tutti animali.),
il problema sta a monte: l'animale è essere capace di provare
dolore, paura, angoscia, condizioni necessarie e sufficienti per
venir rispettato come essere vivente. Tutto diverso dallo specismo
stile WWF. Ma l'obiezione, anche qua: l'uomo ha un livello di coscienza
e di arbitrio che lo rende diverso e superiore. Attenzione: è
la stessa logica che fece dire ad altri umani che i nati "male",
i portatori di handicap non servono, quindi vanno eliminati. E così
i vecchi, e così le donne, e così i diversi.
E' questo il nodo che sinora non è stato sciolto. I diritti
degli uomini, in gran parte del mondo sono traditi e vilipesi. Ma
i diritti degli animali non sono riconosciuti dagli uomini, soprattutto
gli uomini sfruttati. Perché il nemico è il medesimo.
E il pensiero "democratico" accusa su questi temi un ritardo
di anni-luce. In questo, figliato della stessa tradizione giudaico-cristiana
che mette l'uomo appena sotto Dio. Lo sfruttamento degli esseri
non umani è quindi legato alle stesse logiche di dominio
di quello degli umani. E l'imbarbarimento dei rapporti fra umani
frutto dell'economia di mercato, ha portato a un imbarbarimento
dei rapporti fra umani e animali.
Altro esempio? I pellerossa. Annichiliti, più che sterminati.
Stragi, certo. Ma la loro eliminazione come soggetto storico e sociale,
è passata attraverso lo sterminio dei bufali, che, all'arrivo
dei primi colonizzatori bianchi, popolavano le terre dell'Ovest
americano. I pellerossa avevano con i bufali un rapporto di stretta
simbiosi ed ecosostenibilità. Ne cacciavano e ne uccidevano
quel che bastava per il loro nutrimento, usavano il pelo per scaldarsi,
le ossa per costruire utensili. E li veneravano come fonte di vita.
Lo sterminio, sistematico e mirato, operato dai cacciatori bianchi
a metà '800 (nell'ordine dei milioni di capi) ha tolto alle
culture pellerossa identità e autosufficenza economica e
alimentare. Tanto che poi è stato facilissimo per i colonizzatori
estendere la dominazione totale su terre spogliate dei loro naturali
abitanti "non umani".
Oggi la forbice che separa la percezione dei diritti umani e i diritti
"non umani" si è amplificata a dismisura. Accompagnata
da una allucinante schizofrenia: si sprecano le professioni sul
rispetto per gli animali, si piange per il proprio cagnolino morto,
magari per cause naturali, mentre l'animale della cui carne ci si
nutre, non esiste. Non ci si cura di quanto sia stato sfruttato
e umiliato, malnutrito quando era in vita. "Se i macelli avessero
i muri di vetro, tutti diventerebbero diverrebbero vegetariani",
fa un detto. Ma prima dei macelli, punto d'arrivo cruento della
filiera di morte, vengono gli allevamenti. Alle galline ovaiole,
vere e proprie macchine da produzione di uova, tenute vive sino
a quando serve, stipate in loculi ridottissimi, una vicina all'altra,
vengono somministrati calmanti e, spesso, tagliato il becco perché
non si feriscano fra loro. I pulcini diventano polli in 40 giorni,
invece che sei mesi, perché vengono tenuti in ambienti con
luce accesa e imbottiti di antidepressivi e antibiotici. I pulcini
non considerati "idonei" a diventare polli o le pulcine
non considerate idonee a diventare galline ovaiole, vengono triturati
vivi appena nati, e vanno a costituire materiale per i mangimi animali:
che per più di dieci anni sono stati somministrati ai bovini,
erbivori, costretti a diventare carnivori per sopravvivere. Con
il placet dei baroni della zootecnia. In ossequio al falso mito,
circolato per anni in Italia, che la ricerca deve coniugarsi all'industria
per avere un senso. Esistono allevamenti di fagiani "pronta
caccia", liberati poi in natura per diventare bersaglio dei
cacciatori delle aziende faunistico-venatorie (all'Arcicaccia e
a Legambiente non fischiano le orecchie?), e non sopravvivono neppure
la prima notte, per il disappunto dei cacciatori, perché
muoiono di stenti, o predati, dato non riescono neanche a volare
sugli alberi, perché un albero non sanno neppure cosa sia.
Una cifra: solo in Italia nel 2000 gli allevamenti di fagiani "pronta
caccia" hanno "prodotto" più di due milioni
e mezzo di animali.
Tocchiamo solamente di striscio l'argomento della vivisezione e
degli esperimenti su animali. L'obiezione anche qui è tanto
ovvia quanto superficiale, e dice che con il "sacrificio"
di animali permette la messa a punto di medicinali e cure utili
per l'uomo. Sarebbe obiezione su cui fermarsi almeno a riflettere,
se non fosse che esistono modelli vivisettivi virtuali (troppo costosi.)
e se non fosse che gli esperimenti vengono fatti soprattutto per
testare l'allergenicità di saponi e bagnoschiuma, di prodotti
per la casa, di prodotti petroliferi. Proprio in questi giorni è
nel mirino di una campagna animalista la Huntington Life Sciences,
società anglo-americana che effettua esperimenti su animali
su commissione. Alla Hungtinton muoiono circa 180.000 animali all'anno.
Il "giro di affari" è sterminato. Per dare un'idea,
solo in Italia, secondo la SHAC (Stop Hungtinton Animals Cruelty,
sito www.shac.net), la Hungtinton Life Sciences ha o ha avuto come
clienti Aventis, Bayer, Biotech Italia, Bristol-Myers Squibb BV,
Chiron, Dow Corning Corporation, DuPont, DuPont Pharma, Eli Lilly,
Glaxo Wellcome, Merck, Merial Italia, Monsanto, Novartis, Parke-Davis,
Pharmacia & Upjohn International, l'Istituto di Ricerca di Biologia
Molecolare, Roche, Searle Farmaceutici, Shell Italia, Smithkline
Beecham farmaceutici, Yamanouchi Pharma.
Gli animali sono sempre più merce da consumare, priva di
una propria dignità, immessi in mercati lucrosissimi e globali.
Il mercato delle specie esotiche e selvatiche a livello mondiale
è minore come giro d'affari solo al traffico mondiale di
droga. E anche qui, il massimo della schizofrenia. Ci si scandalizza
del leone in gabbia nella villa del camorrista, per l'orso ammalato
nello zoo (altro discorso delicato, che qui non tocchiamo), ma non
ci si volta neppure per le tartarughe che da decenni vengono importate
a milioni dagli allevamenti americani della Louisiana per venire
a morire nelle vaschette di casa nostra. Sino a qualche anno fa,
la percentuale di sopravvivenza al primo anno di vita era di una
su dieci. Sono animali a sangue freddo, difficili da allevare con
successo in cattività. Ma questo gli allevatori, gli importatori
e i gestori di negozi di animali non lo dicono. La storia delle
tartarughe d'acqua vendute come animali d'affezione è sintomatica
per capire come funzionano gli interessi nel mercato globale.
Dagli anni '60 sino a quattro anni or sono, dagli Stati Uniti, via
aeroporto di New Orleans, arrivavano in Europa sino a 8 milioni
di tartarughe "dalle orecchie rosse" dette così
per una striscia rossa che disegna i lati del loro muso. Dopo che,
finalmente, le associazioni animaliste e conservazioniste statunitensi
erano riuscite a far entrare le "orecchie rosse" nell'Allegato
II CITES, lista che raccoglie gli animali dichiarati a rischio di
estinzione e quindi protetti, la Comunità europea nel 1997
ha bandito l'importazione in Europa di questi animali. Ma gli allevatori
hanno facilmente aggirato la norma, catturando e mettendosi ad allevare
specie ibride, ipocritamente chiamate "cugine" delle "orecchie
rosse", liberamente esportabili in tutto il mondo perché
non facenti parte della lista CITES. E questo vale per tutti i tipi
di rettili, gli iguana, i camaleonti, vittime ultima sarco-moda
dell'animale "strano" in casa.
Questo scritto, inevitabilmente superficiale, ha trattato solo una
parte dei problemi. L'uomo - parafrasando una felice espressione
usata dalla Lega Antivivisezione in un suo manifesto - dovrebbe
finalmente dichiarare la pace agli animali dopo aver fatto loro
guerra da secoli. Ma l'uomo, specie nel secolo appena trascorso,
non ha dichiarato guerra agli animali per gioco. Gli animali sono
oggetto di sfruttamento. Il loro sfruttamento è direttamente
proporzionale al profitto degli umani. Gli animali non hanno sindacati.
Solo gruppi spesso considerati dai più - anche a sinistra
- manipoli di sconsiderati acchiappasogni.
E invece le logiche dello sfruttamento degli animali (come cibo
industriale, oggetti di affezione, cavie, oggetti di divertimento,
fornitori di materiali per oggetti spesso inutili) sono strettamente,
drammaticamente correlate alle stesse logiche di dominio proprie
dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
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