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I NEMICI DEGLI ANIMALI

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AMBIENTALISTI E CARNE

Molte prove dimostrano come l'alimentazione basata sul consumo di carne sia negativa per l'ambiente, aggravi il problema della denutrizione nel mondo, sia crudele con gli animali e danneggi la salute....Come mai allora non c'è un maggior numero di ambientalisti che diventa vegetariano?
Il numero di gennaio-febbraio 2002 di E/The Environmental Magazine, autorevole pubblicazione ambientalista americana, affronta un aspetto controverso di un movimento, che (in tutto il mondo) sembra non vedere come la produzione di carne e l'allevamento intensivo costituiscono, come affermato con incisivita' dalle parole del professor Peter Cheeke del dipartimento di agricoltura dell'Oregon State University, "un attacco frontale all'ambiente". Se gli ambientalisti non sposano le ragioni dei gruppi per la difesa dei diritti animali, in quanto le considerano troppo emotive, se non valutano i fattori di rischio per la salute, ne' le conseguenze di aggravamento del problema della fame nel mondo, non possono chiudere gli occhi di fronte alla distruzione dell'ambiente.
In nessun momento, prima di oggi, diventare vegetariani è stato così semplice e in nessun altra situazione una simile scelta sarebbe più opportuna (se non obbligatoria) per gli ambientalisti.
Le prove dell'impatto negativo sull'ambiente come risultato del diffondersi e del persistere di un'alimentazione basata sull'utilizzo di prodotti animali emergono con forza sempre maggiore, contemporaneamente alle conseguenze mediche dell'allevamento intensivo, che favorisce la diffusione di patologie legate al consumo di carne.
Il primo caso di "mucca pazza" in Giappone, rilevato di recente, ha causato un crollo delle vendite e un cambio di abitudini alimentari da parte di moltissime persone.
Tutto ciò accade in un periodo in cui il consumo di carne sta raggiungendo livelli da record: negli ultimi 50 anni è quadruplicato, ci sono 20 miliardi di capi di bestiame che occupano più del triplo dello spazio della popolazione umana. Secondo il Worldwatch Institute, il numero di bovini destinati all'alimentazione e' aumentato del 60 per cento dal 1961, nello stesso periodo la quantità di polli e tacchini è quadruplicata e, dal 1970, il consumo di manzo e di maiale e' triplicato negli USA e più che raddoppiato in Asia.
Produzione e consumo di carne crescono decisamente, anche se ogni aspetto del "ciclo produttivo" (dalla creazione continua di aree per il pascolo, all'assurdita' del voler destinare - in un mondo con enormi problemi di denutrizione - rilevantissime quantita' d'acqua e di cereali ad animali "da carne", all'inquinamento causato dagli allevamenti intensivi) rappresenta un disastro ambientale con ampie, e a volte catastrofiche, consequenze.

Per individuare i contorni della situazione e' sufficente considerare che:
- la sola produzione di carne bovina, negli Stati Uniti, utilizza una quantita' d'acqua maggiore di quanta ne viene impiegata per coltivare tutta la frutta e la verdura della nazione
- le deiezioni provenienti dagli allevamenti intensivi USA (EPA 1996) inquinano l'acqua più di tutte le altre fonti industriali raggruppate
- piu' di un terzo dei combustibili consumati negli USA, e' utilizzato per l'industria della carne.
- la produzione di una sola hamburger richiede la medesima quantita' di combustibile che servirebbe a percorrere in automobile circa 50 chilometri
- si risparmia piu' acqua rinunciando a mezzo chilo di manzo che a non fare la doccia per un anno.(John Robbins The Food Revolution)

Alla luce di solo alcune delle conseguenze della produzione e del consumo di carne, volendo di proposito trascurare il crudele sfruttamento degli animali e la ricerca di un mondo in cui siano equamente distribuite le ricchezze, non e' davvero giunto il momento, anche per chi si professa ambientalista, di diventare vegetariano per tentare di garantire al pianeta un, ahime' sempre più improbabile, futuro?

Testo di Paola Segurini

Tratto da: guide.supereva.it/veganismo



Le contraddizioni di Greenpeace
Ogni bistecca in più nel nostro piatto significa (fra l'altro) un albero in meno nel mondo. Eppure Greenpeace...

Scrivo quasi in diretta dalla Facoltà di Lettere dell'Università di Roma Tor Vergata dove si è da poco concluso un incontro con Greenpeace sugli OGM durante il quale, grazie all'intervento di una studentessa, si è sfiorato il tema delle diversità fra l'impostazione ambientalista e quella animalista.

Sono intervenuto a mia volta facendo notare che fra ambientalismo e animalismo non c'è contraddizione, se mai sinergia. Se è vero che diverse sono le motivazioni, è anche vero che esse percorrono un'unica via: quella del rispetto verso ogni forma di vita, umana e non umana.

Ho fatto l'esempio dell'alimentazione a base di carne del mondo occidentale, che è la principale causa della devastazione delle foreste primarie, annientate per far posto alle colture intensive di foraggio destinato agli altrettanto intensivi allevamenti.

L'insostenibilità ambientale dell'alimentazione non vegetariana è del resto un argomento che ormai conosciamo in dettaglio: lo conosciamo dal notissimo Ecocidio di J. Rifkin e da svariate altre, più o meno diffuse, pubblicazioni. Su Promiseland lo abbiamo trattato ancora una volta pochi giorni fa nell'articolo Quegli "ambientalisti" che mangiano carne... di Paola Segurini.

Tutti i volontari di Greenpeace presenti si sono detti senza riserve d'accordo con me. Nessun dubbio, nessuna esitazione, nessuna perplessità. Eppure...

Eppure alla fine dell'incontro hanno distribuito un opuscolo dal titolo: Gli OGM nella mangimistica animale in cui si legge: «Vi presentiamo una lista di produttori di pollame, uova, suini, pesci d'allevamento e piatti pronti preparati con ingredienti provenienti da animali nutriti con mangimi "con o senza OGM"». E più oltre: «Non abbiamo ancora predisposto una lista per latticini, carne bovina o di vitello. La lista di prodotti che contengono carne bovina, vitello, latte o derivati verrà sviluppata a breve».

Davanti a una simile pubblicazione mi domando se mai ve ne furono di più inutili. Perché se la questione OGM è fondamentale con riferimento ai cibi di origine vegetale, diventa un dettaglio irrilevante anche sul piano dell'ambientalismo più pragmatico, utilitaristico, insomma antropocentrico, se ci riferiamo ai cibi di origine animale. Che senso ha infatti preoccuparsi della contaminazione genetica degli ecosistemi, quando essi non esistono più? Quando una foresta primaria è stata per sempre annientata e al suo posto si stendono infinite distese di monocolture di mais o erba medica per alimentazione animale, che importanza ha se quelle colture sono OGM o no? Il problema in quel caso non è se gli OGM contaminano o no gli ecosistemi, poiché all'impianto delle colture gli ecosistemi sono già stati cancellati, ma è a monte. Il problema è che ogni bistecca in più nel nostro piatto significa (fra l'altro) un albero in meno nel mondo.

A questo punto c'è qualcosa che mi sfugge: come si può dirsi d'accordo con chi afferma che ambientalismo e alimentazione carnea sono incompatibili e subito dopo distribuire un tale opuscolo?

Greenpeace significa Pace Verde ma se dovessi attribuire un colore a quelle pagine, l'unico che mi viene in mente è il color seppia. Il color seppia del deserto. E quanto alla pace, provate a entrare in un mattatoio, e ditemi se qualcosa in esso, un sia pur piccolo dettaglio, ve ne richiama l'idea.

Filippo Schillaci
Ambientalista, antispecista, pacifista e (pertanto) vegetariano

Tratto da: www.promiseland.it