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UNA MEDAGLIA OLIMPICA A CACCIA
Andrea Benelli, medaglia d'Oro conquistata poche ore fa
nello Skeet, rilascia un'intervista dove asserisce che per hobby
tornerà nei boschi a sparare ad animali innocenti.
La medaglia d'ora al tiro al piattello dichiara che ora si dedicherà
al suo hobby preferito: la caccia....
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Il Messaggero
Lunedì 23 Agosto 2004
Saluti d'oro da Benelli
Andrea vince nello skeet e dice addio alle gare
dal nostro inviato
VINCENZO CERRACCHIO
senza sapere se avesse fallito un piattello o tutti e due, e quel
pensiero mi ha distratto». Fatto sta che il tondino arancione
sfugge anche a lui, quello che viene da sinistra. Marko il finnico
è più giovane di ben sedici anni. Un po' gli italiani
gliel'avevano tirata, prima del momento fatidico: «Vedremo
se resterà freddo. Infallibile? La finale è un'altra
cosa, gioca brutti scherzi». Va così. Un altro piattello
da destra se lo porta il vento. «E lì mi son detto
- racconta Benelli - che non dovevo essere sicuro, dovevo essere
solo attento. Ho avuto quel pizzico di fortuna più di lui...».
Quella che gli era mancata a Sydney, quando finì quinto per
aver perso lo spareggio per il bronzo. «Ho continuato per
quattro anni solo per vincere questa gara. Non avevo altro pensiero.
Mondiali, coppe del mondo, europei, li ho dovuti ingoiare. Ma non
m'importava nulla. Solo loro olimpico, dopo il bronzo assaggiato
ad Atlanta. Sono venuto qui ad Atene per la cerimonia d'inaugurazione,
poi me ne sono tornato nel mio agriturismo a Santellero, vicino
Firenze. Ferragosto, il 16 e il 17 li ho passati a sparare nel poligono
che mi sono fatto dietro casa. Tutto studiato nei dettagli, sono
tornato solo alla vigilia della gara, col mio Beretta nella sacca
e quell'unico obiettivo».
Ora sembra tutto facile. Il gigante finlandese, che viene dai boschi
del Nord (parola del suo allenatore) dice che al secondo errore
consecutivo nello shoot-off, lui che fin lì aveva fallito,
come l'azzurro, solo un tiro nella serie finale, non sapeva se ridere
o se piangere. Smarrito lui, si è visto un berretto volare
nell'aria, un piattello bianco che sapeva di vittoria. Poi la corsa
sfrenata del vincitore lungo il poligono, fino alle braccia di papà
Luciano , che fu campione italiano nel '77, quando Andrea lo diventava
per la prima volta a livello juniores. Poi da Silvia, la moglie
che se lo guarda commossa, che gli urla in toscano quand'è
sul podio: «Lè troppo bella quella medaglia».
«E l'inno - spiegherà poi - 'linno di Mameli ora è
soltanto nostro, è tutto per lui». Sotto gli occhi
compiaciuti del ministro Urbani, che proprio dal tiro ha cominciato
il suo viaggio olimpico, trovando subito un passi di portafortuna
alla Ciampi.
Ci sono anche i figli, Giulia e Niccolò. Famiglia di sportivi,
comè giusto che sia. Giulia, 21 anni, fa l'equitazione, Niccolò,
17, è ala sinistra nei giovani del Prato. Impossibile trovare
un olimpionico che non abbia avuto bisogno di raccontare ai figli
la sua impresa, che possa già condividerne con loro il ricordo.
«Ma io sono l'eccezione - si racconta lui - E forse in quest'oro
cè anche molto della mia esperienza. In realtà un
tiratore dà il meglio di sè fra i 30 e i 36 anni.
I migliori anni della nostra vita. Per me almeno è stato
così. Fino a ieri sera». E adesso...«non sparo
più, non vado a Pechino, nessuno potrà dirmi hai fatto
zero. Torno nella mia campagna a fare quello che mi va di
più, su per un bosco, da solo, a contatto con la natura.
Io e il mio fucile. A sparare certo, perché la caccia è
il mio hobby». E se il colombo più
jellato del mondo incrocia per sbaglio un campione olimpico? «Vorrei
che una volta colpito si rialzasse e volasse via». Lo dice
così, tanto di getto che sembra vero.
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