I NEMICI DEGLI
ANIMALI
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CONTINUA LA STRAGE DI CAVALLI AL PALIO DI SIENA
Sul Palio di Siena si sono versati (e si continuerà
a farlo) fiumi di inchiostro e parole, intorno alla manifestazione
senese si concentrano "passioni" dei contradaioli e interessi
economici e pubblicitari enormi, intanto i cavalli continuano inevitabilmente
a morire anno dopo anno tra le polemiche di chi difende una tradizione
di morte e di chi vorrebbe abolirla. Inserire il Palio di Siena
tra le categorie dei nemici degli animali non è facile dato
che i responsabili di questo continuo stillicidio di morti sono
molti ed appartenenti a diverse categorie: politici, amministratori
locali, ambientalisti compiacenti e turisti che contribuiscono in
modo non indifferente al successo economico della manifestazione.
Di seguito alcuni articoli inerenti al palio 2004 che ha visto (strano...)
la morte dell'ennesimo cavallo: Amoroso, amorevolmente condotto
a rompersi il collo contro un bandierino di ferro.
Informazioni ed approfondimenti: Il
Palio di Siena (LAV)
Il Corriere della Sera 17 agosto 2004
L’ultima curva del baio Amoroso. «Chi
autorizza i maltrattamenti?»
Amoroso, castrone baio di 8 anni, è già morto quando
un paio di volontari cercano di spostarlo da San Martino, di toglierlo
dalla traiettoria pericolosa. La sua corsa è finita contro
un bandierino di ferro, un urto violento che gli ha spezzato il
collo. Una curva troppo stretta. I volontari della Misericordia
smuovono il cavallo, poi arrivano gli altri per il terzo San Martino.
Tartuca, Selva, Drago, Oca, Pantera, sfiorano il muso di Amoroso.
La Piazza trattiene il fiato. Quando Trecciolino alza il nerbo e
la Tartuca fa festa, mani pietose coprono il cavallo con un telo
bianco, decine di vigili urbani creano un cordone per isolarlo.
L’anno scorso, ad agosto, toccò a Big Big e Alghero:
seguirono inchieste per maltrattamenti, denunce e procedimenti archiviati
qualche mese fa. Otto anni fa, a luglio del 1996, Minoredda, cavallo
della Chiocciola, morì allo stesso modo e allo stesso punto.
Quel lutto spinse il Comune ad inventarsi altre forme per la sicurezza
dei cavalli, come i materassi da Formula 1 a San Martino.
La contabilità dei cavalli morti in Piazza ora la tengono
gli Animalisti italiani. Il presidente Walter Caporale «parla
di quasi 50 cavalli morti dal 1970 a oggi. Il Palio di Siena si
basa sul disinteresse delle sofferenze arrecate agli animali di
cui sono responsabili organizzatori, fantini, giunta comunale e
spettatori». «E’ arrivato il momento di vietare
queste manifestazioni crudeli con strazio agli animali», afferma
Ebe Dalle Fabbriche, presidente del Movimento Una che chiede al
presidente della Regione Toscana se ha autorizzato il palio di Siena
come previsto dalla nuova legge. Le due associazioni si riservano
di presentare comunque denuncia per i maltrattamenti dei cavalli.
Come la Lega anti vivisezione, che tuona: «Continua la mattanza
al Palio di Siena, nessuna sicurezza è stata garantita ai
cavalli. Quattro cavalli sono andati a sbattere e uno è stato
lasciato a terra senza fermare la corsa per poi essere calpestato
dagli altri». Indice puntato anche contro la televisione di
Stato. «Si è mantenuto il comportamento servile dei
cronisti della Rai che hanno rassicurato gli ascoltatori sul trattamento
riservato ai cavalli dopo gli incidenti, pareva uno spot pubblicitario».
Un paio d’ore dopo la corsa il sindaco di Siena, Maurizio
Cenni, ha commentato: «Siamo dispiaciuti per quanto accaduto
ad Amoroso. Siamo vicini ai contradaioli e alla dirigenza del Bruco.
Purtroppo riteniamo che l’incidente sia dovuto a una non corretta
impostazione della traiettoria della curva. Infatti il cavallo non
ha riportato nessuna lesione agli arti».
P. D. B.
Corriere della Sera
Il Corriere della Sera
18 agosto 2004
Realacci: «Giusto escludere il Palio
dalla legge sugli animali»
Ma con il suo emendamento, utile a far approvare una leggina
sui piccoli Comuni, permette non solo al Palio di Siena di essere
escluso dall'applicazione della norma... (GlF)
«Certo, mi dispiace che quel cavallo sia morto. Ma questo
non basta per cancellare una manifestazione come il Palio che fa
parte della nostra cultura, della nostra storia». Ermete Realacci,
deputato della Margherita, gli animali ce li ha a cuore davvero.
Per anni numero uno di Legambiente, si è speso per far crescere
la più difficile delle piante, l’amore verso la natura.
Questa volta, però, si schiera dall’altra parte. Una
contraddizione? «Per carità, solo una questione di
coerenza».
Coerenza?
«Coerenza. Ha presente la nuova legge sulla tutela degli animali?».
Quella in vigore dall’inizio di agosto? Quella che prevede
il carcere fino a un anno e mezzo per chi provoca la morte di un
anima le?
«Proprio quella. Nella formulazione originaria, di fatto,
vietava manifestazioni come il Palio in cui le bestie possono soffrire».
E lei cosa ha fatto?
«Ho firmato l’emendamento, poi approvato dal Parlamento,
che ha salvato il Palio stabilendo un’eccezione per le manifestazioni
storiche autorizzate dalle Regioni».
Una modifica proposta da Fabrizio Vigni, un deputato senese.
«Politico in gamba, preparatissimo».
E l’altro ieri è morto un altro cavallo. Gli animalisti
l’accuseranno di tradimento.
«Rispetto ad altri loro "colleghi", i cavalli che
partecipano al Palio sono addirittura fortunati».
Fortunati?
«Il Palio non ha come obiettivo la violenza. È una
corsa rischiosa in cui ci può pure scappare il morto, non
solo tra i cavalli ma anche tra i fantini. Ma non si fonda sulla
crudeltà, a differenza di altre manifestazioni».
Quali?
«L’esempi o classico è quello della corrida:
la gente entra nell’arena per vedere non una corsa ma un toro
che muore. Anche in Italia ci sono centinaia di esempi che la legge
ha per fortuna vietato. Basta pensare ai combattimenti tra cani
o galli, oppure alle tante sagre paesane dove la gente scende in
piazza per gustare l’agonia di una povera bestia. Queste sì
che sono crudeltà gratuite da mettere al bando in un Paese
civile».
Non le sembra una distinzione troppo sottile? Di mezzo c’è
sempre la morte di un animale.
«È una distinzione sottile ma utile e ragionevole.
Altrimenti dovremmo vietare pure la Formula 1 o lo sci: anche lì,
come conseguenza non voluta, ogni tanto muore qualcuno. Gli organizzatori
sono forse tutti colpevoli di omicidio?».
Quindi chi chiede di fermare il Palio o anche chi chiede solo di
fare di più per proteggere gli animali è un integralista?
«Dire integralista è sicuramente troppo. Ma può
sbagliare anche chi difende la natura in assoluta buona fede. L’ambiente
non è fatto solo di abeti e mucche ma anche di eventi come
il Palio, costruiti sull’intreccio fra uomo e natura. Tanto
più che a Siena, specie negli ultimi anni, si fa tanto in
favore dei cavalli. L’ospizio per gli animali anziani che
non possono più gareggiare, ad esempio, funziona benissimo».
Un’ultima domanda. Il fatto che lei sia stato eletto in Toscana
non c’entra nulla?
«Non scherziamo. Tra l’altro io mi sono candidato a
Pisa e tra pisani e senesi non corre certo buon sangue».
Lorenzo Salvia
Corriere della Sera
Il Corriere della Sera
19 agosto 2004
Difendere il Palio? Gli ambientalisti si dividono
Pratesi: oggi è come se una Formula 1 corresse su
un circuito di go-kart. Pecoraro Scanio: la legge va modificata,
via le eccezioni storiche.
Carlo Ripa di Meana la mette sul piano tecnico. I cavalli li conosce
bene, del resto. Ha cominciato a montare da bambino, «balilla
cavalleggero» nella scuola del maresciallo Costante D’Inzeo,
e ha continuato a farlo regolarmente fino a pochi anni fa. «Chi
vuole abolire il Palio - spiega - dice una gran baggianata, va contro
la vocazione dei cavalli che già per natura gareggiano tra
loro e amano la velocità. Per salvare la corsa è però
necessario tornare alle origini, facendo correre i maremmani e non
i purosangue come si fa da una decina d’anni. Sono più
lenti e robusti, forse lo spettacolo ne perderebbe un po’.
Ma gli incidenti sarebbero sicuramente meno». Quella dell’ex
ministro dell’Ambiente non è una posizione isolata.
Dopo la morte di Amoroso, caduto lunedì in Piazza del Campo
e finito dagli zoccoli dei suoi avversari, sono partite alla carica
le associazioni animaliste, che hanno sempre scelto la linea dura.
Una mossa non condivisa dal deputato della Margherita ed ex presidente
di Legambiente Ermete Realacci che ieri, intervistato dal Corriere
, ha difeso il Palio perché «appartiene alla nostra
storia e, a differenza della corrida e di tante sagre paesane, non
ha nella violenza il suo elemento fondante». Le parole di
Realacci trovano appoggio tra le diverse anime dell’ambientalismo
italiano: il Palio va difeso ma deve essere reso meno pericoloso.
Fulco Pratesi, presidente del Wwf, guarda nientemeno che all’automobilismo.
«Far correre i purosangue in piazza del Campo è una
follia, come girare in Formula 1 su un circuito da go-kart. E’
vero, bisognerebbe tornare ai maremmani. Ma è necessario
cambiare anche per i fantini: basta con i professionisti di adesso,
meglio i contradaioli di una volta. Realacci ha ragione, il Palio
fa parte della nostra storia. Ma se tradizione deve essere, che
tradizione sia fino in fondo». I consigli non finiscono qui.
Ripa di Meana chiede di aumentare le imbottiture sui lati del tracciato
e di spargere più sabbia e segatura sul selciato, specie
nelle curve. Anche Alfonso Pecoraro Scanio parte dalla tecnica:
«E’ assurdo che in caso di incidente la gara non venga
fermata». Ma poi il presidente dei Verdi allarga il discorso
alla legge entrata in vigore pochi giorni fa. Un testo che punisce
con il carcere fino a un anno e mezzo chi provoca la morte di un
animale ma, con un emendamento appoggiato dallo stesso Realacci,
lascia fuori le manifestazioni storiche come quella di Siena. «A
settembre quelle norme vanno cambiate. Il Palio va salvato ma non
può pretendere carta bianca: serve una commissione mista,
organizzatori e associazioni animaliste, per costruire regole che
garantiscano meglio la sicurezza dei cavalli. E poi sulle tradizioni
bisogna intendersi: sono importanti ma se portano violenza vanno
corrette. Anche la schiavitù o il velo imposto alle donne
erano tradizioni, ma superarle non è stato un errore. E poi
cosa succede se spunta fuori qualcuno che vuole organizzare una
corrida in Italia? Magari dimostra che da noi era un’abitudine
ai tempi della dominazione spagnola: una tradizione da proteggere
anche quella?».
C’è chi ha una posizione più sofferta, come
Grazia Francescato: «In gioco - dice la portavoce dei Verdi
europei - ci sono due esigenze sacrosante ma purtroppo inconciliabili.
Da una parte il rispetto di una manifestazione storica, dall’altra
il rispetto degli animali. Per me è più importante
la seconda, ma capisco chi la pensa all’opposto. La verità
è che la sfera dei diritti, un tempo limitata ai ricchi bianchi,
si è allargata prima ai maschi, poi alle donne. Adesso tocca
agli animali».
Lorenzo Salvia
Corriere della Sera
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