I NEMICI DEGLI
ANIMALI
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LA CHIESA
CIVILTA' CATTOLICA E OLTRE LA SPECIE: BOTTA E RISPOSTA
Civiltà Cattolica ha risposto ad Ivan Della
Bella e Marinella Stucchi con una lettera che accompagnava il numero
della rivista sul quale era pubblicato l’articolo incriminato.
Il direttore della rivista scriveva nella lettera che la rivista
spedita avrebbe potuto dare la possibilità al diretto interessato
di criticare l'articolo in questione avendo la possibilità
di leggerlo per intero e non riportato o citato dai media, il direttore
puntualizzava inoltre che nessuno Stato attualmente riconosce e
garantisce i diritti degli animali.
Di seguito la risposta di Ivan Della Bella e Marinella Stucchi
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Bernareggio, 19 ottobre 2003
Spett.le
Civiltà Cattolica
Al Direttore
Padre Gian Paolo Salvini
Egregio Direttore,
la ringraziamo per la risposta che ci ha mandato, le rispondiamo
a nome personale, io e mia moglie, e non a nome della onlus di cui
ho l’onore di essere il presidente; la onlus in questione
si chiama Oltre la Specie, e la invito a visitare il nostro sito
internet all’indirizzo www.oltrelaspecie.org,
siamo probabilmente gli autori del testo fotocopia che avete ricevuto.
La nostra associazione si è data per statuto un taglio laico,
nel senso che da noi possono coabitare cattolici, come chi scrive,
ed atei o credenti in altre religioni, quello che ci accomuna è
la fame di giustizia per tutte le creature, il nome, infatti, la
dice lunga, andiamo oltre la specie umana nella difesa dei diritti,
oltre, quindi non dimentichiamo affatto l’uomo.
Nella sua lettera dice che nessuna nazione al mondo ha adottato
una legislazione che garantisca diritti agli animali non umani.
Questo cosa significa? Fino a due secoli fa nessuna nazione si sognava
che neri o donne avessero diritti, anzi, veniva negata loro pure
l’anima, ed anche qui la chiesa ha le sue belle colpe, e badi
che glielo dico da credente, non da anticlericale. Il percorso della
civiltà si fonda anche su un allargamento della sensibilità
che porta a riconoscere i diritti anche a coloro che stanno al di
fuori della “polis”, di qui l’abolizione della
schiavitù, il riconoscimento dei diritti ai neri, ai nativi
d’america, alle donne, il suffragio universale, ed ora è
giunto il momento dei non umani.
Nel vostro articolo giudicate severe le pene per chi abbandona
un cane o un gatto, e vi chiedete come si possano definire le condizioni
di vita compatibili con la natura di un determinato animale. Non
sono certo io a dovervi insegnare che esiste una scienza che si
chiama etologia, che studia il comportamento degli animali, e non
occorre essere laureati per sapere, per esempio, che il progenitore
del cane, il lupo, così come gli altri canidi, ha natura
gregale, che vive in branchi, che in questi branchi si stabiliscono
delle gerarchie, che un canide che viene emarginato da un branco
ha scarse o nulle possibilità di sopravvivenza. Apro ora
una parentesi per sottolineare che in natura l’animale cane
non esisterebbe, se non fosse per l’intervento dell’uomo
che ha selezionato nei millenni i vari canidi selvatici fino ad
evidenziare quelle caratteristiche che più gli convenivano.
Ora non è difficile capire che un cane tenuto isolato, in
un bugigattolo, o a catena, non ha nessuna possibilità, non
solo di muoversi e di fare quell’esercizio fisico indispensabile
per il suo benessere, ma non ha neanche il suo branco, che per un
cane è costituito dal gruppo di umani con cui vive, quindi
questo cane è detenuto in maniera non idonea alla sua natura.
E’ forse nella natura dell’elefante quella di sedersi
su uno sgabello, o nella natura della tigre quella di vivere tra
le sbarre e fare salti in un cerchio infuocato, o nella natura di
un delfino il vivere in un’angusta vasca di un acquario? Un
animale addomesticato ormai dipende dall’uomo per la sua sopravvivenza,
perché l’addomesticamento significa anche perdita di
quelle peculiarità che consentono ad un animale di vivere
allo stato selvatico, peculiarità che la selezione naturale
ha affinato nel corso di millenni. Questo animale addomesticato,
una volta abbandonato che possibilità di vita ha, e che qualità
di vita ha? Non è forse un crimine l’abbandono di un
essere senziente capace di soffrire anche, si badi bene, psicologicamente
per questo abbandono?
Nel vostro articolo scrivete che dicendo che tutti gli animali
nascono uguali davanti alla vita ed hanno gli stessi diritti all’esistenza
si deve concludere che nessun animale, anche se dannoso all’uomo
e agli altri animali può essere ucciso. Ebbene, proprio perché
gli animali hanno diritti dico che nessun animale può essere
ucciso, se non, ovviamente in caso di legittima difesa, abbiamo
quindi il diritto di uccidere il bacillo del colera, se non vogliamo
morire di colera, abbiamo il diritto di uccidere il leone (ma qui
stiamo veramente andando nei casi più che estremi perché
solitamente i selvatici, anche le cosiddette “bestie feroci”
temono l’uomo e lo rifuggono) qualora minacci la nostra vita,
ma che diritto abbiamo di uccidere una vipera che se ne sta tranquilla
a prendere il sole e che al nostro arrivo scappa?
Nel vostro articolo scrivete che il gatto mangiando il topo lede
i diritti del topo; scrivete che se l’uomo e gli altri animali
hanno lo tesso diritto alla vita né l’animale può
uccidere l’uomo, né questi può uccidere l’animale.
Perdonate, ma non riesco a credere che persone intelligenti e di
buon livello culturale come voi siete possano dire in buona fede
queste cose. E’ fin troppo evidente che il gatto o il leone
uccidendo la loro preda non hanno colpa alcuna, perché non
hanno scelta, un carnivoro se non vuole morire di fame è
costretto ad uccidere la sua preda, lo fa solo per alimentarsene,
non per godere delle sue sofferenze. Noi animalisti non abbiamo
mai negato che esista una differenza tra l’animale umano e
l’animale non umano, l’umano è agente morale,
il non umano è paziente morale. Io mi rendo conto delle conseguenze
delle mie azioni su ciò che mi circonda, e per questo motivo,
per esempio, non uccido la persona che mi è antipatica, non
rubo la pagnotta del mio commensale, non schiavizzo il poveraccio
che muore di fame ed è disposto a tutto per un tozzo di pane
ed infine non mi cibo di carne e derivati animali perché
ho la possibilità di vivere (e vivere bene, ma anche meglio)
cibandomi di vegetali e frutta, senza infliggere dolore ad altre
creature senzienti e senza togliere loro la vita. E’ evidente
che un animale non umano è un paziente morale, perché
su di lui ricadono le conseguenze delle nostre azioni, e si badi
bene che anche tra gli uomini vi sono pazienti morali, perché
a loro riconosciamo diritti ed agli animali no?
E’ una domanda retorica la mia, lo so bene perché,
e me lo ricordate anche voi, infatti scrivete che il diritto è
una prerogativa dell’essere spirituale. Ora i casi sono due,
mettiamoci d’accordo: o gli animali non umani non hanno l’anima,
ed allora, come hanno scritto coloro che conoscevano le scritture
assai meglio di me, vedi ad esempio H.Primatt, provocando loro sofferenze
noi facciamo loro non un danno, ma di più; se infatti un
uomo ha sempre la speranza di una vita ultraterrena che lo ricompenserà
dei patimenti subiti in questa, l’animale privo di anima ha
solo questa vita, se gliela facciamo patire o se gliela togliamo
lo priviamo della sua unica possibilità. Da credente non
credo comunque che Dio abbia dotato solo l’uomo di anima,
tutto ciò che ha creato ha un’anima, siete forse voi
così onniscienti da sapere quali siano i disegni di Dio?
Siete così potenti da imporre dei limiti al suo operato:
questo lo doti di anima immortale e questo no?
Scrivete che “l’uomo non è un animale”:
o neghiamo l’evoluzione delle specie e torniamo al creazionismo
puro, ma allora non esiste più possibilità di dialogo,
perché ha ugual valore l’assurda affermazione che sto
per fare: all’inizio Dio creò un’immensa crostata
di frutta, la tagliò in infinite fettine e da ognuna di queste
fettine nacquero le diverse specie minerali, vegetali ed animali,
dal suo profumo nacquero invece gli uomini e poi gli elfi e le fate
dei boschi. Sono convinto che non siete su posizioni di creazionismo
puro, ma se l’uomo si è evoluto da specie che lo hanno
preceduto, ed oggi sappiamo che si è evoluto in rami differenti
anche, quando Dio si sarebbe degnato di metterci dentro l’anima
immortale? Il pitecantropo aveva l’anima?, e l’austrolopiteco?,
il giorno del giudizio vedremo vicino a noi anche l’uomo di
Neanderthal? Spiegatemi qual’é la caratteristica che
fa di noi qualcosa di diverso dagli altri animali, ma se mi dite
che è l’anima allora non ci siamo. Siamo diversi perché
abbiamo l’anima ed abbiamo l’anima perché siamo
diversi, c’è qualcosa che non torna.
Avete avuto il coraggio di riportare nell’articolo il passo
della Bibbia dove Dio direbbe a Noè di incutere il timore
ed il terrore in tutte le creature del cielo del mare della terra;
non mi sembra che a parlare sia quello stesso Dio che in Cristo,
suo Figlio, dice di farsi agnello in mezzo ai lupi, di porgere l’altra
guancia, che riattacca l’orecchio mozzato da Pietro al soldato
che lo era venuto ad arrestare nel Getsemani e che rimprovera Pietro
per questa sua azione.
Perché non citate invece Genesi (1,29) quando Dio dice ad
Adamo ed Eva “Ecco, io vi do ogni pianta che fa seme su tutta
la superficie della terra, e ogni albero fruttifero che fa seme:
questi vi serviranno per cibo” che, tra l’altro, è
un chiaro ordine ad essere vegani!
Riportate nell’articolo le parole di Garattini, quando vi
accingete a prendere in considerazione la vivisezione, e scrivo
vivisezione non per provocare, ma perché la cosiddetta sperimentazione
animale altro non è se non vivisezione, e non lo dico io,
è stato il suo “papà”; il maestro dei
vivisettori contemporanei, Claude Bernard, diceva che tutti gli
esperimenti in cui si utilizzano animali si chiamano esperimenti
di vivisezione. Scrivete che l’impiego di animali è
indispensabile al progresso della medicina, che grazie ad essa abbiamo
gli antibiotici, che grazie ad essa siamo arrivati ai trapianti
d’organo: vi invito a leggere anche testi di medici, ricercatori
e docenti universitari altamente qualificati ed apprezzati in campo
medico e scientifico (ad esempio e solo per citarne alcuni: Dr.
S. Cagno, Prof. P. Croce, Prof. B. Fedi, Dr. M. Tettamanti, Prof.
G. Tamino) che dicono proprio il contrario, che la vivisezione non
è un metodo scientifico e che non solo è condannabile
moralmente (Gandhi l’ha definita il più nero dei crimini
che l’uomo possa commettere), ma che è pure nociva
per l’uomo. E’ conoscenza di tutti, o quasi, che il
Talidomide, testato su animali e rivelatosi innocuo su di loro ha
provocato la nascita di più di 10.000 bambini focomelici;
che la penicillina, capostipite di tutti gli antibiotici fu testata
direttamente sull’uomo, se lo fosse stata sulle cavie da laboratorio
oggi non avremmo probabilmente gli antibiotici, perché le
uccide; che i primi trapiantati hanno vissuto solo poche ore e poi
pochi giorni e via crescendo, dimostrando che le vere cavie dei
trapianti, non furono gli animali, ma i malati stessi; se gli animali
sono tanto indispensabili alla farmacologia ad esempio, perché
la legge impone di testare sugli umani prima di mettere in commercio
un principio attivo? Non dirò altro al proposito, perché
dovrei riportare i dati scientifici dei testi di chi meglio di me
può esprimersi in merito, vedi ad esempio gli autori che
ho citato in precedenza. Questo per quanto riguarda l’aspetto
scientifico, sul piano morale mi sembra sia da rifiutare in ogni
caso una pratica che consente al più forte di infliggere
sofferenze al più debole per avvantaggiarsene in qualche
modo; ma nel caso della vivisezione non esiste neanche il problema
etico, per un motivo semplicissimo: un problema etico si pone quando
abbiamo due o più possibilità, parimenti valide ai
fini pratici, e dobbiamo scartare quelle che etiche non sono, la
vivisezione che non è un metodo scientificamente valido non
è dunque una di queste possibilità.
Scrivete che è grave che si spendano ingenti somme per nutrire
cani e gatti con cibi costosissimi o per acquistare loro cappottini
firmati o cucce griffate; o siete in malafede o siete andati semplicemente
fuori tema. A fronte di qualche cane o gatto che mangia prelibatezze
e porta cappottini firmati abbiamo miliardi di altri animali, cani
e gatti compresi che vivono di stenti randagi nelle strade, nel
terrore degli stabulari di vivisezione, stipati, impossibilitati
a muoversi e imbottiti di antibiotici ed anabolizzanti negli allevamenti
intensivi, condannati alla sofferenza ancor prima di nascere grazie
alla manipolazione dei loro geni, e mi fermo qui perché ad
enumerare tutte le violenze che il genere uomo infligge agli altri
suoi fratelli arriviamo quasi al giorno del giudizio.
Citate giustamente la fame nel mondo, miliardi di uomini muoiono
di fame mentre qualche cane va in giro col cappottino o qualche
micio gusta delicatezze, perché non aggiungere anche che
il nord ricco del pianeta, vale a dire Stati Uniti ed Europa Occidentale
si riempie la pancia di proteine animali ottenute grazie ad un iniquo
utilizzo delle risorse? Vale la pena ricordare che l’80% delle
risorse agricole del pianeta serve ad alimentare gli animali degli
allevamenti intensivi che poi finiscono nei piatti di meno del 20%
della popolazione del pianeta, europei occidentali e nord americani;
vale la pena ricordare che per produrre un chilo di proteine animali
occorrono circa 16 chili di proteine vegetali e che lo stesso chilo
di carne richiede l’utilizzo di più di 3.100 litri
d’acqua; vale la pena ricordare che ogni anno si disboscano
foreste pluviali per far posto al pascolo di animali che finiranno
sempre sulle tavole delle persone di cui sopra. Allora è
vero che Dio ne sa ben più di noi se ci aveva ordinato di
essere vegani. A fronte di questo scempio vi scagliate contro quattro
cani e gatti che hanno la sola colpa di essere finiti in una casa
dove mangiano, ma probabilmente non vengono trattati da cani o gatti.
Non chiedo che tutti amino gli animali, sarebbe troppo bello, ma
che tutti li rispettino, questo sì, è un imperativo
morale. Non è vero poi che chi ama gli animali non umani
non ami quelli umani, se mai l’esperienza mi ha dimostrato
sempre il contrario, amare un animale vuol dire dare un amore gratuito,
come deve essere il vero amore, senza aspettarsi nulla in cambio.
Non amo i miei gatti perché mi danno qualcosa in cambio,
anche se in realtà il solo vederli riposare sul divano o
rincorrersi per la casa è per me grande motivo di gioia.
Non ricevo nulla in cambio dal vitello legato alla catena nell’allevamento
intensivo, non voglio la sua carne, vorrei vederlo libero di pascolare
vicino alla sua mamma dalla quale è stato distaccato appena
nato per rubarle il latte, ma amo anche lui. Forse non amo il topo
che vive nelle fogne, ma che colpa ne ha se è nato topo,
rispetto anche lui.
Forse credete che ogni uomo abbia a disposizione solo una piccola
quantità d’amore da dare agli altri e che perciò
non possa “sprecarla”con gli animali, ma tenerla per
gli uomini, perché forse non basta nemmeno per loro, allora
perché non tenerla a disposizione solo di quelli che hanno
il nostro stesso colore di pelle, non basta per tutti. Forse che
se un uomo ha più fratelli deve voler meno bene ad ognuno
di loro di colui che di fratelli ne ha uno solo?
Non so quanto amore ha nel cuore ogni uomo da dare agli altri,
ma di una cosa sono sicuro, Dio ne ha più che a sufficienza
per tutti, uomini, cani, gatti, formiche, piante, fiori, sassi,
anche il granello di polvere, perché l’ha creato Lui.
Perché mettere limitazioni all’amore di Dio? Se ci
apriamo a Dio, se gli permettiamo che faccia di noi secondo la sua
volontà, il suo amore potrà attraversarci e riversarsi
per mezzo nostro su tutte le creature.
Poiché questa lettera è stata scritta a quattro mani,
mia moglie ed io vi salutiamo cordialmente.
Ivàn Della Bella e Marinella Stucchi
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