I NEMICI DEGLI
ANIMALI
Approfondimenti:
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AGGIORNAMENTI:
Ottobre 2003, leggi gli sviluppi della polemica
Botta e risposta tra Padre Gian Paolo Salvini ed Ivan Della Bella
LA CHIESA
GESUITI: GLI ANIMALI NON HANNO ANIMA E DIRITTI
La rivista dei Gesuiti, "Civiltà Cattolica",
nel numero 3679, del 4 ottobre 2003, pubblica un editoriale dal
titolo significativo: "Gli animali hanno diritti?".
LA GAZZETTA DEL SUD
INTERNI
venerdì 3 ottobre 2003
Gesuiti: gli animali non hanno anima e diritti
ROMA - «Gli animali non hanno diritti.
Il diritto è una prerogativa dell'essere spirituale».
I Gesuiti tornano sul tema dei diritti degli animali con un editoriale
che sembra destinato a rinfocolare le polemiche suscitate qualche
anno fa da un altro articolo della «Civiltà Cattolica»,
che negava la possibilità che gli animali avessero un'anima
spirituale. «Non è poi vero - si legge nell'articolo
- che i diritti degli animali devono essere difesi dalla legge
come i diritti dell'uomo. In realtà, gli animali non hanno
diritti. Il diritto è una prerogativa dell'essere spirituale.
E il motivo profondo è che il diritto è una prerogativa
della persona, in quanto essere spirituale, e non soltanto materiale...»
Secondo i Gesuiti, «in conclusione, i diritti sono legati
al carattere spirituale e personale dell'uomo. Perciò gli
animali, che non sono esseri spirituali e personali, non hanno "diritti".
Non si può parlare in assoluto di "diritti degli animali"».
La distinzione «ontologica» tra l'uomo e gli animali
non autorizza però, scrivono i Gesuiti, nessuna mancanza
di rispetto verso queste creature «minori». «Tutti
gli esseri creati, quindi anche gli animali di ogni specie -
afferma infatti l'articolo - sono stati creati da Dio perché
l'uomo se ne serva per tutte le sue necessità fisiche e spirituali.
Tutta la creazione è posta, quindi, in potere dell'uomo;
ma non si tratta di un potere "dispotico", irragionevole
e crudele, bensì di un potere "umano", che sia
cioè ragionevole e rispettoso di tutti gli esseri creati,
in particolare degli animali che non sono nocivi alla sua vita,
alla salute e ai suoi beni». «Profondamente immorale»
è ad esempio, condanna la «Civiltà Cattolica»,
«l'allevamento e l'addestramento di animali al combattimento
fra loro, sia perché alcuni tra gli animali così allevati
e addestrati costituiscono una grave pericolo per la vita e l'incolumità
delle persone, sia perché la loro crudeltà è
sfruttata per soddisfare e sviluppare istinti sadici e sanguinari
per fini commerciali, come le scommesse».
Fonte: La Gazzetta del Sud
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L'articolo originale di Civiltà Cattolica:
I DELITTI CONTRO GLI ANIMALI
In queste ultime settimane si è parlato molto di cani pitbull
che hanno assalito e morso in maniera grave alcune persone, in particolare
alcuni bambini. Si è così riproposto l'antico problema
del rapporto uomo-animali. Tanto più che il 15 gennaio 2003,
la Camera dei deputati ha approvato - rinviandola poi al Senato
per l'approvazione definitiva - una proposta di legge che introduce
nel Codice penale un nuovo titolo riguardante «i delitti contro
gli animali». La proposta, avanzata dal deputato di Forza
Italia, on. I. Perlini, e giudicata dal presidente della Commissione
Giustizia, on. G. Pecorella, di «estrema importanza»
per combattere la criminalità organizzata, è stata
approvata dalla Camera all'unanimità.
La maggiore esultanza l'hanno espressa gli animalisti. Così
- informa il Corriere della Sera (16 gennaio 2003) - la Lega antivivisezione
(LAV) parla di «uno storico passo in avanti che non permetterà
più di farla franca a chi usa cani per i combattimenti o
tortura gatti». Gli animalisti affermano che con questa legge
«l'Italia si adegua finalmente agli altri Paesi europei, tutelando
gli animali in quanto soggetti di diritti» Il presidente di
Legambiente, E. Realacci, giudica questa legge «una spallata
alle ecomafie», perché colpirà i delitti contro
gli animali connessi alla criminalità organizzata. Aggiunge
O. Grazioli: «Quando questa legge andrà in vigore saremo
un Paese certamente più civile e più riconoscente
verso chi cammina con noi lungo questo corto tratturo che chiamiamo
vita» (Libero, 16 gennaio 2003).
In realtà, i reati previsti dalla proposta di legge sono
di quattro specie: maltrattamenti, combattimenti tra animali, abbandoni
e impiego di cani e gatti per ricavarne pelli e pellicce. «Maltratta»
gli animali chi li tratta in modo crudele, sottoponendoli a sevizie,
a fatiche o a lavori insopportabili rispetto alla loro natura. La
pena inflitta a chi maltratta gli animali varia da 3 a 12 mesi di
carcere e da 2.500 a 10.000 euro di multa. Maggiore severità
è prevista per chi organizza spettacoli, manifestazioni e
feste, in cui gli animali siano sottoposti a sevizie: carcere da
4 mesi a 2 anni e multe da 3.000 a 15.000 euro. Per i combattimenti
clandestini e le competizioni non autorizzate tra gli animali in
cui sia messa in pericolo la loro vita e la loro integrità
fisica, le pene per chi li organizza, e anche per chi addestra gli
animali a tale scopo, variano da 2 a 4 anni di carcere e le multe
da 25.000 a 100.000 euro. Anche i proprietari sono puniti col carcere
da 1 a 3 a!
nni e con una multa da 20.000 a 80.000 euro. Per chi scommette su
tali combattimenti c'è la reclusione da 3 mesi a 2 anni e
una multa da 5.000 a 25.000 euro. Per chi abbandona un cane o un
gatto è previsto l'arresto fino a un anno e un'ammenda da
1.000 a 10.000 euro. La stessa pena è comminata a chi fa
vivere un animale in condizioni «incompatibili» con
la propria natura. È vietato infine l'impiego di cani e di
gatti per ricavarne pelli e pellicce. La pena prevista va da 3 mesi
a un anno di carcere e la multa da 25.000 a 100.000 euro.
* * *
A proposito di questa proposta di legge, che dovrà ora essere
discussa e approvata dal Senato, si può notare che è
di un'eccessiva severità: un anno di carcere e un'ammenda
da 1.000 a 10.000 euro per chi abbandona un cane o un gatto è
veramente eccessivo. Probabilmente, questa eccessività della
legge da una parte e, dall'altra, la sua minuziosità la renderanno
inapplicabile: nel caso poi che si tentasse di applicarla, darebbe
luogo presso i tribunali a un contenzioso senza fine: infatti, come
si fa a definire con precisione «giudirica» quali siano,
per un particolare animale, le condizioni di vita «incompatibili»
con la propria natura? A nostro parere, il «delitto»
che bisognava colpire è quello dell'allevamento e dell'addestramento
alla ferocia di cani - come i pitbull - che costituiscono un grave
pericolo per la vita e l'integrità fisica delle persone e
che servono per deliziare persone che traggono grande piacere (sadico?)
nell'assistere a combattimenti tra animali che si!
sbranano e si uccidono.
Sempre a proposito di questa proposta di legge, si è tornati
a parlare - da parte degli animalisti - dei «diritti degli
animali», rifacendosi alla «Dichiarazione universale
dei diritti dell'animale», lanciata dall'UNESCO a Bruxelles
il 27 gennaio 1978. In essa si afferma nel 1° articolo che «tutti
gli animali nascono eguali davanti alla vita e hanno gli stessi
diritti all'esistenza». Si afferma poi nell'ultimo articolo
- il 14 b) - che «i diritti dell'animale devono essere difesi
dalla legge come i diritti dell'uomo». Così, da una
parte, si dichiara che tutti gli animali hanno lo stesso diritto
all'esistenza; dall'altra, i diritti dell'animale, sotto il profilo
giuridico, vengono posti sullo stesso piano dei diritti dell'uomo,
perché devono essere «difesi dalla legge» con
lo stesso impegno.
Se si esaminano con un minimo di attenzione e di realismo questi
due articoli, ci si rende conto che non hanno senso. Infatti dicendo
che «tutti» gli animali nascono uguali davanti alla
vita e hanno gli stessi diritti all'esistenza, si deve concludere
che nessun animale anche se dannoso all'uomo e agli altri animali
può essere ucciso. Così, poiché la zanzara,
la mosca, la vipera sono animali, hanno diritto a vivere e dunque
non possono essere uccise. Il topo e il gatto hanno lo stesso diritto
alla vita e quindi il gatto, mangiando il topo, lede il relativo
diritto alla vita. Lo stesso fanno il lupo che mangia la pecora,
il leone che sbrana una gazzella, il pesce grosso che mangia il
piccolo, il falco che uccide altri uccelli. In tal modo, la natura
è un'immensa fucina di «delitti contro la vita»,
perpetrati sia dagli animali a danno di altri animali, sia dall'uomo,
che non rispetta il diritto di tutti - si badi, di «tutti»
- gli animali alla vita. E infatti, se l'uomo e gli !
animali hanno lo stesso diritto alla vita, né l'animale può
uccidere l'uomo né questi può uccidere un animale,
qualunque esso sia, utile o dannoso. Questi esempi mostrano l'assurdità
dell'affermazione che «tutti» gli animali hanno «gli
stessi diritti all'esistenza».
Non è poi vero che i diritti degli animali «devono
essere difesi dalla legge come i diritti dell'uomo». In realtà,
gli animali non hanno diritti. Il diritto è una prerogativa
dell'essere spirituale. E il motivo profondo è che il diritto
è una prerogativa della persona, in quanto essere spirituale,
e non soltanto materiale, il quale, a differenza dei minerali, è
vivente e, a differenza delle piante, è senziente, per cui
prova piacere e dolore, ma è un soggetto che, oltre ad essere
vivente e senziente, è intelligente e libero, cosciente e
responsabile, capace di comprendere ciò che è bene
e ciò che è male, e quindi di determinarsi liberamente
per il bene e per il male, per il bene proprio e degli altri o per
la rovina propria e degli altri. Ora, per poter essere se stesso
e per poter agire liberamente e responsabilmente, per essere quindi
una persona umana, come richiede la sua natura, l'uomo deve poter
godere di «diritti», cioè di possibilità
che gli permettono di realizzarsi!
come persona: possibilità che gli altri devono rispettare,
in quanto la persona è, nel campo della realtà creata,
un assoluto, un essere in sé e per sé, che non può
mai servire come mezzo per raggiungere un fine che non sia il suo
bene o non serva al suo bene.
In conclusione, i diritti sono legati al carattere spirituale e
personale dell'uomo. Perciò gli animali, che non sono esseri
spirituali e personali, non hanno «diritti». Non si
può quindi parlare in assoluto di «diritti degli animali».
Ciò però non può voler dire che gli animali
siano, come pensava Cartesio, macchine senzienti né che siano,
come i minerali e le piante, esseri di cui l'uomo possa disporre
a suo piacere e a suo vantaggio, senza tener conto che essi provano
piacere e dolore, gioia e sofferenza, fatica e stanchezza. Si tratta
infatti di esseri che nel piano divino della creazione sono destinati
a vivere, a crescere, a riprodursi e riempire la terra, secondo
la parola di Dio agli animali creati «secondo la loro specie»:
«Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari:
gli uccelli poi si moltiplichino sulla terra» (Gn 1,22). D'altra
parte, l'uomo non è il padrone e il dominatore della creazione,
ma il suo custode. Non può perciò essere il distruttore
!
della creazione, ma il suo amministratore saggio e prudente.
* * *
Indubbiamente, nella concezione cristiana, tra l'uomo e gli animali
c'è una differenza radicale, che non è soltanto di
grado (l'uomo è più intelligente, più capace
degli animali), ma è di natura: l'uomo non è un animale
superiore, più perfetto degli altri animali, bensì
non è un animale, perché, pur essendo simile agli
animali sotto il profilo anatomico e sensitivo, ha un'anima spirituale
immortale che nessun animale possiede. Perciò, parlando dell'uomo,
non si può dire, come fanno gli animalisti, «l'uomo
e gli altri animali», quasi che l'uomo sia un animale tra
gli altri, sia pure superiore, ma si deve dire «l'uomo e gli
animali». L'uomo infatti è un «essere a parte»,
perché, creato «a immagine e somiglianza di Dio»
(Gn 1,26), è il centro e il fine di tutta la creazione.
Perciò, tutti gli esseri creati - quindi anche gli animali
di ogni specie - sono stati creati da Dio perché l'uomo se
ne serva per tutte le sue necessità fisiche e spirituali.
È detto nel libro della Genesi (9,1-3): «[Dopo il diluvio]
Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: "Siate
fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore
di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame
e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti
i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e
ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già
le verdi erbe"». Tutta la creazione è posta quindi
in potere dell'uomo; ma non si tratta di un potere «dispotico»,
irragionevole e crudele, bensì di un potere «umano»,
che sia cioè ragionevole e rispettoso di tutti gli esseri
creati, in particolare degli animali che non sono nocivi alla sua
vita, alla sua salute e ai suoi beni.
Questo significa che è contro il disegno creatore di Dio
- e quindi non è lecito all'uomo - sottoporre gli animali
a maltrattamenti e atti crudeli, sia privandoli di ciò di
cui hanno bisogno per vivere, sia sottoponendoli a fatiche e a sofferenze
ingiustificate. Se la loro soppressione è necessaria, essa
deve essere istantanea o almeno senza sofferenze troppo prolungate.
Qui si pone il problema della sperimentazione animale. Questa -
osserva il prof. S. Garattini, direttore dell'Istituto «Mario
Negri» di Milano - «è ancora indispensabile se
vogliamo ottenere quei progressi terapeutici che tutti auspicano
[...]. Tutti i moderni laboratori utilizzano tecniche in vitro [...].
Tuttavia queste tecniche non sono affatto alternative, ma solo complementari
alle verifiche che per ora vanno fatte necessariamente in vivo.
D'altra parte, chi avrebbe il coraggio di sperimentare sull'uomo
un farmaco di cui non si conoscono le reazioni indotte particolarmente
in varie specie animali», che !
«oggi più di ieri vengano trattati in modo da evitare
ogni sofferenza o stress? Storicamente l'impiego degli animali è
stato indispensabile per il progresso della medicina. Se si riesce
oggi a salvare delle vite attraverso trapianti d'organo è
grazie alla sperimentazione animale. Se gli antibiotici possono
evitare le epidemie del passato è grazie alla sperimentazione
animale. Se abbiamo farmaci anti-ipertensivi, anti-ulcera, anti-depressivi
e tanti altri per ridurre la mortalità, per curare malattie
e migliorare la qualità della vita è ancora grazie
alla sperimentazione animale».
Non ha senso, perciò, l'art. 8 della Dichiarazione universale
dei diritti dell'animale: «La sperimentazione animale che
implica una sofferenza fisica e psichica è incompatibile
con i diritti dell'animale, sia che si tratti di una sperimentazione
medica, scientifica, commerciale, sia di ogni altra forma di sperimentazione».
Profondamente immorale è invece l'allevamento e l'addestramento
di animali al combattimento tra loro, sia perché alcuni tra
gli animali così allevati o addestrati costituiscono un grave
pericolo per la vita e l'incolumità delle persone, sia perché
la loro crudeltà è sfruttata per soddisfare e sviluppare
istinti sadici e sanguinari per fini commerciali, come le scommesse.
In realtà, sembra che i combattimenti clandestini tra animali
fruttino 775 milioni di euro all'anno.
Un caso particolare di maltrattamento degli animali è costituito
dagli allevamenti in batterie: gli animali vengono sottoposti alla
«zootecnia intensiva», che significa ammassamento di
molti animali in spazi ristrettissimi, tali da non potersi muovere,
come avviene per i polli, per le galline ovaiole (25 per metro quadrato),
per le mucche da latte, per i vitelloni da ingrasso. Il desiderio
di maggiori guadagni ottenuti economizzando al massimo gli spazi
vitali impone agli animali da allevamento gravi sofferenze, che
potrebbero essere risparmiate con un senso più vivo di umanità
ad esseri che meritano rispetto e amore in quanto sono creature
di Dio.
* * *
Ma se, da una parte, dobbiamo denunciare in certe persone la mancanza
di umanità verso gli animali (tra queste persone metteremmo
volentieri i cacciatori che uccidono non per bisogno, come i cacciatori
del passato, per i quali la caccia era un mezzo per procurarsi il
cibo, ma per divertimento, distruggendo i pochi animali che riescono
a sopravvivere all'avvelenamento della terra, dell'acqua e dell'aria,
causato da prodotti chimici, e in tal modo impoverendo la natura
che diventa sempre più muta); dall'altra, dobbiamo denunciare
le enormi e inutili spese che si fanno per gli animali domestici,
specialmente per i cani e per i gatti. È bene che ci siano
nelle case italiane cani e gatti e altri animali domestici: costituiscono
una gioiosa compagnia per tutti, ma in particolare per le persone
anziane, che spesso vivono sole, e per i bambini, per i quali la
presenza in casa di un cane o di un gatto, oltreché svilupparne
l'affettività e frenarne la naturale aggressività,
ha una fun!
zione propriamente educativa. È necessario anche che gli
animali domestici siano nutriti, curati e protetti; soprattutto,
non siano abbandonati in certe circostanze, come durante le vacanze.
Il fatto grave, invece, è che per i cani e i gatti si fanno
spese per nutrirli con cibi costosissimi, confezionati appositamente
per essi; oppure per vestirli con cappottini firmati. Ci informava
in una cronaca il Corriere della Sera (15 dicembre 2000) che il
cappotto Burberrys' per cani di piccola taglia costava circa 100.000
lire, e che il trench coat per bassotto, di colore beige firmato
Burberrys', costava 600.000 lire. Ci informava, inoltre, della «collezione
Gucci Dog, composta da ciambella, cappotto in cashemire da mezzo
milione, fino alla cuccia in pelle nera intrecciata (3 milioni circa):
il tutto in vari colori nelle boutique Gucci di tutto il mondo».
Di fronte a queste autentiche pazzie, moralmente condannabili, c'è
il dramma, presentato ogni anno dall'UNICEF, dei milioni di bambini
che muoiono di fame o per malattie curabili, come le infezioni respiratorie,
la malaria, il morbillo, la malnutrizione, le malattie intestinali.
Negli ultimi tempi, ogni anno muoiono nel mondo 11 milioni di bambini
sotto i cinque anni: 30.000 al giorno, 1.270 all'ora, 21 ogni minuto,
tre ogni secondo. A motivo delle guerre, negli ultimi dieci anni,
oltre due milioni di bambini sono morti, sei-sette milioni hanno
subìto ferite e gravi mutilazioni, oltre 12 milioni sono
rimasti senza casa, 11 milioni hanno perduto i genitori a causa
dell'AIDS.
Queste cifre spaventose mettono in risalto la situazione di grave
ingiustizia in cui versa il mondo di oggi. Le spese pazzesche che
si fanno per gli animali ne sono un segno piccolo - staremmo per
dire, trascurabile, se posto a confronto con altri assai più
gravi - ma significativo di una mentalità distorta, che dev'essere
condannata e corretta. È infatti comprensibile che ci si
affezioni ad animali domestici che sanno essere compagni di vita,
fedeli e affettuosi, forse più di certi parenti anche assai
stretti; ma non è giusto fare di essi dei piccoli idoli,
a cui si sacrificano beni che dovrebbero servire a soddisfare le
necessità vitali di tante persone, in particolare di tanti
bambini, che l'egoismo e lo spreco dei Paesi ricchi condannano a
una morte atroce.
La Civiltà Cattolica
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L'articolo riportato ha scatenato numerosissime
polemiche in ambito animalista e non solo:
(ANSA) - ROMA, 4 OTT - Nel giorno di S. Francesco,
patrono degli animali, scoppia la polemica tra i gesuiti, secondo
i quali gli animali non hanno anima e dunque diritti, e gli animalisti
riuniti dalla LAV per chiedere l'introduzione dei diritti degli
animali nella Costituzione Europea. Causa della polemica le anticipazioni,
pubblicate dalla stampa, di un editoriale di "Civiltà
Cattolica". La rivista dei Gesuiti critica il provvedimento
di Sirchia definendolo "inapplicabile", e se la prende
con le eccessive "cure" degli italiani nei confronti di
cani e gatti, che non sarebbero meritevoli di diritti. Da "Civiltà
cattolicà - replica il deputato dei Verdi Marco Lion - emerge
una "visione
antropocentrica d'altri tempi che considera gli esseri viventi come
merci da utilizzare piuttosto che portatrici di diritti, e parte
importante della quale noi stessi non possiamo fare a meno".
E conclude: "I gesuiti esprimono principi contrari alla sensibilità
crescente degli italiani e alle stesse parole del Papa". Critico
anche Claudio Azzolini di Forza Italia, Vicepresidente dell Assemblea
parlamentare del Consiglio d'Europa, che nel corso dell'incontro
organizzato dalla LAV si é definito "attivista animalista":
"Con queste parole hanno calpestato lo stesso Cantico delle
Creature di S. Francesco" ha affermato. "Civiltà
cattolica con il suo editoriale si tira
addosso un velo di oscurantismo rincara la dose il Presidente della
LAV, Adolfo Sansolini in quelle parole non c'é davvero traccia
di quella carità evangelica cui i cattolici dovrebbero ispirarsi.
I gesuiti dovrebbero preoccuparsene".
Fonte: (ANSA)
Per quanto ci riguarda, oltre all'avvio di
una campagna di protesta telematica, riportiamo di seguito due lettere
aperte: una di un credente ed una di un non credente in modo da
rispettare la par condicio e la sensibilità di tutti.
versione per credenti:
Gli animali hanno anima e diritti
Facendo riferimento a quanto apparso su LA GAZZETTA DEL SUD con
titolo: “Gesuiti: gli animali non hanno anima e diritti”
vi scriviamo quanto segue.
Se non fossi già cristiano nel leggere quello che scrivete
mi allontanerei subito da tutto ciò che ha a che fare con
il Cristo e con la cristianità.
Dalle vostre parole si evidenzia un Dio antropocentrico, che non
ha il minimo rispetto per le sue creature, che crea un universo
infinito per poi darlo in consegna ad una creatura imperfetta, sanguinaria,
crudele, come l’uomo ha dimostrato di essere da che conosciamo
la sua storia, salvo ovviamente le poche eccezioni che pur vi sono
state, molte delle quali all’interno della chiesa stessa.
Non esiste nell’universo un solo granello di polvere dove
Dio non sia presente, e non è credibile che Dio abbia messo
il suo soffio vitale, soffio divino, anima, solo nell’animale
“uomo”, e le altre creature di chi sono figlie? Veramente
credete che tutto il resto del creato esista solo per nostro diletto
o utilizzo?
Cristo ha detto ai farisei che gli facevano notare come nelle sacre
scritture fosse permesso il ripudio della moglie, mentre Lui asseriva
essere indissolubile l’unione dell’uomo e della donna,
che Mosè aveva scritto così perché si rivolgeva
a gente dura di cuore. Infatti i libri sacri sono stati scritti
da uomini che erano figli del loro tempo. La stessa cosa si può
dire riguardo il vostro atteggiamento nei riguardi delle creature
non umane. Invece di affinare il sentimento di amore e di pietà
verso il creato vi ostinate a chiuderlo entro angusti confini, quelli
umani, poi ci stupiamo se qualcuno li restringe ancora di più,
rendendolo disponibile solo ad alcuni uomini, che si differenziano
da altri per colore della pelle o per credenza religiosa o per sesso.
Cristo si è immolato sulla croce per le sue creature, la
passione di Cristo è per tutto il creato, non per qualche
creatura solamente.Asserire che anche i non umani hanno diritti
e sono dotati di anima non significa certo togliere qualcosa agli
umani, ma il contrario. L’esperienza insegna che chi ha rispetto
per i non umani ne ha anche per gli umani, perché è
riuscito a eliminare la barriera della discriminazione, ha tracciato
la linea dell’inclusione dei diritti molto avanti, fino a
raggiungere ogni essere capace di provare piacere e dolore, quando
non addirittura fino a includere tutto il creato, come può
quindi una tale persona non provare amore e rispetto per gli umani.
Se è vero che Cristo è il Logos e che per mezzo di
Lui tutte le cose sono state create, e poiché lo si recita
nel Credo non è solo una mia opinione, con quale diritto
dichiarate che gli animali non umani “non sono esseri spirituali
e personali, non hanno diritti". Quello che per un cristiano
è importante non è ciò che ci divide (nessun
animalista si sognerebbe mai di dire che un cane o una pulce sono
uguali all’uomo), ma ciò che ci unisce. Tengo a sottolineare
che quando dico che un cane o una pulce sono diversi da un uomo,
dico semplicemente che hanno una struttura fisica ed esigenze diverse
tra loro, non che uno abbia maggior diritti dell’altro, allo
stesso modo che se dico che un nigeriano è diverso da uno
svedese non dico affatto che uno dei due debba essere discriminato.
Un ultima considerazione: se è vero che un umano ha maggiori
capacità intellettive (generalmente) di altri animali filogeneticamente
più distanti da noi, questo implica semmai che debba avere
un rispetto ancora più grande. La passione e morte di Cristo
sulla croce ci insegnano che se Lui, figlio di Dio, si è
fatto uomo ed ha sofferto per le sue creature, noi, che ci definiamo
suoi seguaci dobbiamo comportarci secondo il suo insegnamento, e
quindi casomai considerarci al servizio della creazione e non padroni.
versione per non credenti:
Animali e spirito - Lettera aperta ai Gesuiti
In riferimento a quanto da voi scritto e riportato da LA GAZZETTA
DEL SUD nell’articolo: “Gesuiti: gli animali non hanno
anima e diritti” in data 3 ottobre 2003, permettetemi di porre
alcuni quesiti di natura squisitamente pratica.
Quanto da voi perentoriamente affermato ossia: «Gli animali
non hanno diritti. Il diritto è una prerogativa dell'essere
spirituale» presuppone indubbiamente che - a vostro
giudizio - una società di diritto fondi i propri cardini
sociali e giuridici sull’accettazione incondizionata dell’esistenza
dell’anima immortale dei propri membri, pena l’esclusione
dalla partecipazione ai diritti sanciti dalla società stessa;
quindi a vostro avviso ogni essere umano essendo in possesso di
uno spirito interiore eterno diviene un essere spirituale e solo
in quanto tale persona, solo grazie a questo stato egli può
pretendere diritti ed assolvere ai propri doveri. Tale diritto “di
nascita” acquisito per il semplice motivo di appartenere ad
un gruppo privilegiato di esseri creati ad immagine e somiglianza
del Supremo, pecca però di una caratteristica fondamentale:
la veridicità delle affermazioni rese da colui che pretende
di accampare determinati diritti. Chi di voi può oggettivamente
provare, dimostrare senza ombra di dubbio alcuno che l’essere
spirituale esiste? Chi di voi può scindere la verità
dogmatica della Chiesa dalla verità oggettiva, “terrena”
della prova provata? Ed ancora, ammesso che nel dubbio si possa
accettare e quindi assolvere la vostra affermazioni sulla natura
spirituale dell’uomo, allo stesso modo con che diritto voi
negate tale spiritualità agli animali non umani? Con quale
diritto voi vi servite del beneficio del dubbio per gli umani e
lo negate per gli animali non umani? Assunto che l’uomo sia
stato forgiato dal Supremo in un miscuglio di carne e spirito che
prove avete voi che lo stesso non sia successo per gli animali non
umani?
Un ultimo quesito potrebbe essere importante ai fini della discussione:
ammettendo che l’essere umano sia munito di un’anima
immateriale, ciò presuppone che l’uomo sia consapevole
di tale dono divino e che sia capace di distinguere la sua natura
terrena da quella spirituale, nel caso di esseri umani inconsapevoli
essendo ad esempio afflitti da gravi menomazioni cerebrali o portatori
di gravi sindromi che pregiudicano seriamente e definitivamente
le normali attività cognitive, si potrà obiettare
che non possono essere annoverati tra coloro che sono consapevoli
della loro componente spirituale e di conseguenza non potranno avere
gli stessi diritti di coloro che invece ne hanno piena coscienza,
dovranno invece essere equiparati agli animali dato che pur avendo
- in virtù dell’appartenenza al genere umano
- una componente spirituale, essa è estranea alla loro
vita ed alla loro visione delle cose, quindi al lato pratico essi
ignorano l’esistenza della loro spiritualità e quindi
è come se non ci fosse.
Detto questo si potrebbe anche raggiungere un compromesso: ammettendo
che gli animali in virtù della loro natura prettamente terrena
non possano avere diritti come gli esseri umani intendono, allo
stesso modo tutti coloro che pur appartenendo al genere umano non
riescono ad acquisire la consapevolezza della loro componente spirituale
che quindi ai loro occhi risulta assente, saranno privati dei diritti
fondamentali tipici del genere umano.
Alla luce di quanto detto sareste voi disposti a negare i diritti
ad un essere umano mentalmente handicappato in quanto incapace di
acquisire consapevolezza della propria spiritualità?
E se non foste disposti, ammettereste voi che l’estensione
dei diritti a queste persone portatrici di gravi handicap è
esclusivamente dovuta all’elevazione di una supposizione -
la presenza dell’anima - a verità assoluta senza
il bisogno di prove certe e quindi in definitiva faziosa e strumentale?
Le domande fin’ora formulate non avanzano nessuna pretesa
di risposta in quanto non siamo interessati ad un - peraltro
davvero improbabile - confronto con chi nega aprioristicamente
millenni di pensiero filosofico atto a riconoscere e rispettare
i diritti dei più deboli ed indifesi.
La supponenza che vi contraddistingue è tipica delle peggiori
epoche oscurantistiche del nostro sgradevole passato, la vostra
voce stride incredibilmente con quanto ormai pare essere il sentire
comune umano nei confronti degli animali non umani; l’epoca
del primato umano sulla natura pare volgere al termine, tale primato
vi ha permesso di acquisire una ragion d’essere, di esistere
e di mediare tra l’umano padrone della natura e il divino
posto alla sommità della piramide, ora però una nuova
visione della vita sta avanzando, una nuova consapevolezza del ruolo
dell’animale umano calato nella natura sta crescendo e si
contrappone alla visione neocreazionista che le biotecnologie stanno
propagandando, chiunque sarà il vincitore in questa titanica
lotta che mette in gioco la stessa esistenza futura del pianeta
Terra, voi non avete e non avrete nessun ruolo, nessuna voce in
capitolo, essendo la vostra visione superata dalla storia e parimenti
antitetica alle due di cui sopra.
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