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TROPPA CARNE TROPPA FAME

Consigliamo la visione di "Carne la verità sconosciuta"
al seguente indirizzo: www.laverabestia.org/play.php?vid=583
Earthlings (Terrestri) al seguente indirizzo:
www.laverabestia.org/play.php?vid=321

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Documento pdf: I vantaggi dell'alimentazione veg (punto di vista salutistico e medico)
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Documento: Dossier influenza aviaria



F.A.Q: DOMANDE FREQUENTI SUL VEGANISMO


VACCHE GRASSE BAMBINI MAGRI

Mangiare carne uccide solo gli animali non umani? Errore!
Documento in formato pdf del peso di 3,4 Mb


L'ingiustizia alimentare chi mangia troppo e chi troppo poco - è la più fondamentale delle iniquità. Il consumo medio di carne nei paesi industrializzati è nettamente più elevato di quello dei paesi poveri del Sud del mondo: oltre 80 chilogrammi pro capite l'anno contro 17. Tre quarti dell'umanità vivono con una dieta prevalentemente vegetale. Il 23% della popolazione della parte "ricca" del mondo consuma anche pro capite il quadruplo del pesce e il quintuplo del latte. Questa ingiustizia alimentare può equilibrarsi in due modi: con una drastica riduzione del consumo di prodotti animali nei paesi occidentali; oppure con l'aumento dei relativi consumi nel Sud del mondo.
L'unica ipotesi sostenibile è la prima. La seconda, oltre a trasformare il Pianeta in un ancor più gigantesco macello, accrescerebbe l'insicurezza alimentare per tre ragioni intrecciate: perché non c'è abbastanza suolo sul Pianeta per nutrire un mondo di carnivori; perché lo stesso Sud affamato esporta sempre più carne e cereali (destinati a diventare mangimi) sottraendoli al consumo umano locale; perché il consumo di carne è previsto in grande aumento negli stessi paesi poveri.
Il consumatore occidentale ha bisogno di circa una tonnellata di derrate vegetali all'anno; circa 90 chili per il consumo diretto, il resto per nutrire gli animali da carne, latte e uova. Nei paesi in via di sviluppo, invece, il consumo diretto umano assorbe tuttora la gran parte della quota.
In effetti, negli Stati Uniti il 70% degli alimenti vegetali (cereali e semi oleosi) vanno a nutrire le stalle; in Europa circa il 55%; in India solo il 2%. Il 50% dei ce-reali e il 75% della soia raccolti nel mondo servono a nutrire gli animali allevati, anziché molte più persone...
Potremmo avere l'impressione che dopo la "mucca pazza" e con la diffusione della sensibilità vegetariana, la componente delle salme nella dieta mondiale si sia ridotta. Ma questo vale solo per l'Europa (dell'Ovest per ragioni sanitarie e anche un po' animaliste), dell'Est per via del collasso economico). Invece, la dieta è diventata ancora più carnivora negli USA.

Supponiamo che nel 2030 il raccolto di derrate vegetali a livello mondiale sia pari a 2,2 miliardi di tonnellate; una quantità che potrebbe bastare a nutrire popolazioni di varie dimensioni, a seconda di quel che consumano: se la dieta fosse quella statunitense, si nutrirebbero solo 2,75 miliardi di persone; se fosse quella europea un po' di più, se fosse quella indiana, 11 miliardi.
Non c'è cibo per tutti in un pianeta di carnivori: perché non c'è abbastanza terra sulla Terra per coltivare gli alimenti vegetali necessari a nutrire la futura carne. Gli allevamenti intensivi, infatti, sono "fabbriche di proteine alla rovescia": danno rese proteiche e anche caloriche molto basse rispetto a quanto richiedono. E competono per il cibo con gli umani. L'impronta ecologica il consumo di risorse, in questo caso di suolo di una persona che segue una dieta ad elevato consumo di carne è di almeno 4.000 metri quadrati di terreno: è quanto occorre per produrre i foraggi e i cereali che alimenteranno gli animali da carne; a un vegetariano bastano 1.000 metri quadrati. Dati preoccupanti, se si pensa che la disponibilità di suolo coltivabile per ogni abitante del pianeta è attualmente pari a 0,27 metri ettari, cioè 2.700 metri quadrati, e che nel 2050 essa varierà fra miseri 1.200 metri quadrati a testa (in caso di crescita demografica elevata) e 2.000 metri quadrati a testa. Per quanti pesticidi, fertilizzanti e modificazioni genetiche si possano applicare a questo poco suolo pro capite, esso non basterà a produrre i vegetali necessari a nutrire tutti gli animali necessari a una popolazione animale carnivora.
Una zootecnia nutrita con mangimi a base di cereali e semi oleosi provoca una competizione diretta per gli stessi alimenti fra umani e animali: è la cosiddetta competizione fra feed (mangime) e food (cibo). Mentre in un sistema di agricoltura complementare tradizionale, gli animali possono mangiare quello che non risulta commestibile agli umani (paglia, scarti agricoli e di cucina), nell'allevamento intensivo soia, cereali, semi proteaginosi sono spostati dall'alimentazione umana diretta a quella animale. Anche quando mangiano foraggi, questi sono coltivati su terre che potrebbero dare vegetali adatti a esseri umani...
Si dirà: ma dalle stalle vengono fuori carne, latte e uova! Esatto; peccato che sia molto scarsa l'efficienza con la quale l'industria zoo-tecnica trasforma i cereali e le proteine vegetali in carne, latte e uova. Essa varia a seconda del suolo o dell'animale. Comunque, per la carne, la "perdita" di calorie e perfino di proteine arriva fino a 20 volte!
La maggior parte delle statistiche sulle rese vegetali- animali non considera la componente idrica degli alimenti e sostiene che con 4 chilogrammi di vegetali si ottiene un chilogrammo di carne di pollo, idem per il maiale, mentre occorrono 10 chilogrammi di vegetali per un chilogrammo di carne bovina. Il tutto è troppo ottimista...
Rifacciamo dunque i calcoli: metà del peso dell'animale alla macellazione non è commestibile. Le razioni concentrate date in pasto agli animali stessi hanno un massimo di 12% di acqua; la carne invece è acqua fino all'80%. Si calcola che 2,2 chilogrammi di sostanza secca (al netto dell'acqua contenuta nel mangime) diano un chilogrammo di peso vivo di pollo industriale (considerato l'animale che "rende" di più), ossia mezzo chilogrammo di carne; ecco quindi che 1 chilogrammo di carne richiede 4,4 chilogrammi di sostanza secca vegetale; ma togliendo l'acqua dividendo per cinque, abbiamo appunto la resa in peso di un ventesimo rispetto ai mangimi. Riferiamo ora il calcolo alle li proteine, per esempio di carne bovina. L'alimento fondamentale per l'ingrasso dei bovini intensivi è fatto di cereali e semi oleosi: mais insilato, farina di cereali, farina di soia dopo l'estrazione dell'olio, orzo, poco fo-raggio. Si calcola che per fare 1,5 chilogrammi di carne bovina occorrano 10 chilogrammi di sostanza secca vegetale, corrispondente a circa 1.400 gr di proteine vegetali. In questa quantità di carne, il tasso proteico è di soli 250 grammi. Ecco che abbiamo una riduzione proteica di quasi 6 volte ( molte di più in calorie e peso). D'altronde, i maiali perdono con il loro metabolismo il 70% delle proteine, ne assunte, i bovini l'80-90%, i broilers il 55%. Qualcuno dirà che evitare di mangiar carne al Nord non necessariamente ridurrà la fame dei poveri, perché la fame è là e i cereali sono qua. Sbagliato. Perché dai paesi della fame parte verso il Nord un'enorme quantità di cereali e carne. La zootecnia europea importa anche da paesi poveri 50 milioni di tonnellate di mangimi all'anno. La Commissione europea ha ammesso che le terre del Vecchio continente sono in grado di nutrire tutti i cittadini, ma non certo tutti gli animali europei. Il grado di autosufficienza dell'Europa rispetto alle proteine vegetali a uso animale è infatti pari a un misero 20% del fabbisogno totale delle stalle. le. Cioè, in rapporto alle superfici disponibili, troppi animali sono allevati, sia per nutrire forchette troppo robuste, sia per invadere i mercati altrui con prodotti animali sovvenzionati (ad esempio il latte in polvere che invade il mercato brasiliano e rovina i piccoli produttori locali). La perversa zootecnia europea richiede che in altri paesi un'area complessivamente pari a sette volte la superficie europea sia coltivata per produrre alimenti destinati alle stalle europee.
L'Etiopia, emblema della fame infantile e adulta, anche nei momenti di carestia più estrema, coltivava ed esportava semi oleosi per l'alimentazione animale. Il Brasile ha aumentato la superficie coltivata a soia, che raggiunge 60 milioni di ettari, esportata per metà alle stalle europee. Vende all'estero anche carne bovina in quantità, ricavata dai pascoli che hanno soppiantato la foresta amazzonica. In quel paese i malnutriti sono 30 milioni, in gran parte contadini senza terra che non hanno alcun accesso alle enormi distese possedute da allevatori latifondisti.
Un sociologo colombiano rifugiato in Europa, ha chiesto in una lettera alla Comunità europea di non aumentare le importazioni di carne dalla Colombia, per non immiserire ulteriormente i contadini poveri di quel paese. Infatti, più vendite significano più terre destinate a pascolo che gli allevatori latifondisti, con le loro feroci squadre di paramilitari, sottraggono con la forza alla foresta o agli agricoltori poveri. In Colombia 40 milioni di terre sono a pascolo latifondista, mentre solo 5 milioni sono coltivati a vegetali da piccoli agricoltori.
L'esportazione della carne bovina aumenta anche dall'India, paese dell'(ex) vacca sacra. Ammazzare e vendere animali che da vivi aiutano i piccoli contadini nel lavoro e a fertilizzare i suoli senza ricorso alla costosa chimica, significa distruggere valore economico più di quanto se ne crei. I1 "bello" è che, se anche l'India volesse vietare l'esportazione della carne bovina per ragioni religiose (in teoria è così), non potrebbe. andrebbe contro le regole del libero commercio imposte dalla World Trade Organization. La carne e il pesce esportati dai paesi del Sud non provengono in genere da piccoli allevamenti contadini ma dalla zootecnia e dall'acquacoltura intensiva che arricchiscono pochi abbienti, per un grosso danno collettivo. Asia del Sud e Centramerica sono diventati forti esportatori di gamberetti di allevamento, ricavati su terre costiere un tempo destinate alla coltivazione di riso per uso locale. Un tempo la destinazione privilegiata di tale export erano Giappone e Stati Uniti, ma proviamo a leggere le indicazioni geografiche dei gamberetti nei supermercati italiani e avremo delle sorprese. Si dedichino allora al pesce? Ma dai pesci, ipercatturati tanto che il patrimonio marino Si sta depauperando, si ricava in fondo solo il 5% delle proteine totali assunte dagli esseri umani nel mondo, e 1'1% delle calorie. L'acquacoltura intensiva provoca più problemi nutrizionali - da distruzione delle terre - ed economici - da impoverimento - di quanti ne risolva.
La giusta alternativa alimentare per il Sud del mondo è nella riscoperta e nelle sinergie fra i nutrienti. alimenti vegetali della tradizione (niente a che vedere con il grano, il riso e il mais sciancati e poveri, o con la soia transgenica); senza escludere l'autoproduzione di integratori alimentari verdi a basso costo e la "pesca delle alghe".

Per chi vuole saperne di più consigliamo il libro LAV "Addio alle carni", a cura di Marinella Correggia, con il contributo di Elisa D'Alessio e Marco Francone.

Se l'attuale superficie coltivabile fosse destinato al consumo diretto umano: e non a nutrire animali per la carne, sarebbe disponibile cibo utile per uno popolazione di molto superiore all'attuale.

I Paesi industrializzati impiegano due terzi della produzione mondiale di cereali per l'allevamento del bestiame e a causa di questi allevamenti alle popolazioni povere non restano abbastanza cereali per sopravvivere.

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