Solidarietà alla resistenza curda e alla rivoluzione del Rojava
Sosteniamo il processo democratico se opera di cambiamento dal basso.
Fermiamo l’oppressione del popolo curdo.
Previsto l’arrivo del capo di Stato turco in vista della settimana dedicata alla Turchia da Expo, in un momento in cui l’offensiva repressiva del governo turco sta colpendo duramente la popolazione curda in Turchia e nella Rojava, l’associazione antispecista Oltrelaspecie aderisce alla mobilitazione cittadina lanciata per denunciare le politiche del governo Erdogan.
In Turchia sono ormai più di mille gli attivisti curdi che sono stati arrestati, torturati o uccisi in queste settimane, migliaia i civili massacrati. Questi attacchi sono conseguenza della sconfitta elettorale di Erdogan che nelle elezioni del giugno scorso non ha ottenuto la maggioranza assoluta a causa dell’importante affermazione dell’Hdp (Partito democratico dei popoli) che con il suo 13% ha superato lo sbarramento e portato la voce dei curdi e della sinistra nel parlamento.
In questo contesto, Erdogan ha deciso di scatenare una nuova guerra contro la popolazione e le forze politiche curde e il Pkk, che per 2 anni avevano invece investito nella soluzione pacifica e nel processo di dialogo.
Nel frattempo l’Isis continua ad agire indisturbato nella Rojava e sul confine turco-siriano nella zona di Kobane.
- Per l’apertura di un corridoio umanitario a Kobane.
- Per la cessazione immediata della repressione e della guerra nei confronti dell’Hdp in Turchia.
- Ocalan libero!
KOBANE NON E’ SOLA
Mentre l’autoproclamato Stato Islamico espande la propria area di azione in Siria e in Iraq il popolo curdo della regione del Rojava si batte strenuamente per difendere le terre che abita tramite le Unità di difesa del Popolo (YPG) e le Unità di difesa delle Donne (YPJ), la Turchia guarda da oltre il confine lo svolgersi degli eventi ostacolando il passaggio di persone, mezzi e approvvigionamenti diretti al sostegno del popolo di Kobane e del Kurdistan Siriano tutto.
Quello che i media mainstream non ci raccontano è che nella stessa regione del Rojava è in corso un’importantissima rivoluzione democratica che è nata già nel 2012 quando i cantoni della regione hanno deciso di dotarsi di autogoverno e di una carta costituzionale assolutamente unica non solo nel Medio Oriente, ma nel mondo intero:
http://www.uikionlus.com/carta-del-contratto-sociale-del-rojava-siria/
Questa storica svolta deriva dal cambiamento di linea politica del movimento legato al Partito dei Lavoratori Curdi (PKK) e al suo leader Ocalan, in carcere di massima sicurezza in Turchia dal 1999 dopo un imbarazzante tira e molla internazionale che ha visto, tra gli altri attori, l’Italia rifiutare asilo politico (il presidente del consiglio dei tempi era il democratico sbiadito Massimo D’Alema).
Dopo 30 anni di lotta sanguinosa che ha visto contrapporsi le istanze di autonomia e le richieste di diritti del popolo curdo alla continua repressione e negazione da parte del governo di Ankara, il PKK nel 2001 viene inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dalla maggior parte degli stati occidentali, Turchia ovviamente in testa. Bisogna ricordare che la scelta della lotta armata da parte dei militanti del PKK e tutte le contraddizioni insite in tale direzione derivavano da una situazione di repressione intollerabile che i curdi hanno dovuto subire, e in parte ancora subiscono, in quasi tutti i luoghi che abitano, essendo il più numeroso tra i popoli senza nazione. In Siria, Iraq e Turchia ai curdi veniva vietato di studiare, diffondere e addirittura parlare la propria lingua.
Durante la carcerazione il leader del PKK incontra il pensiero di vari filosofi tra cui Murray Bookchin, che apprezza particolarmente e diviene la principale influenza del nuovo pensiero di Ocalan. Il PKK abbandona la matrice marxista-leninista degli inizi e addirittura abbandona l’idea nazionalistica di uno stato curdo. Il nuovo corso mette in primo piano il ruolo della donna come fondamentale per lo sviluppo di una società equa e riparte da un’idea di comunalismo confederato che pratichi una forma di democrazia radicale dal basso. Questo pensiero rivoluzionario comincia a tramutarsi in pratica rivoluzionaria quando sorgono i primi villaggi autonomi nel Kurdistan turco e, dopo la crisi siriana del 2011, anche nella regione del Rojava situata nel nordest della Siria al confine con la Turchia. Il pensiero politico dei rivoluzionari e delle rivoluzionarie del Rojava si esprime contro il capitalismo mortifero ma senza volerlo sostituire con un socialismo statalista e centralizzato, sottolinea il ruolo fondamentale della donna e vede il patriarcato come nemico di una società libera ed equa; dichiara il diritto di ogni persona alla sicurezza e ad una vita dignitosa senza distinzione di etnia, religione e genere.
La rivoluzione del Rojava è un fatto unico non solo per il Medio Oriente: è di ispirazione per chiunque creda nella possibilità di un mondo migliore.
Ora Kobane è sotto l’attacco incessante delle milizie fasciste del cosiddetto stato islamico. La Turchia, che manteneva fino a poco fa una posizione ambigua rispetto al problema, ora è sempre più palesemente colpevole di ostruzionismo volontario se non di vero e proprio sabotaggio della resistenza curda perché teme per i territori a maggioranza curda su suolo turco.
Le potenze del mondo fingono di inorridire di fronte ai massacri compiuti da queste orde barbare ma non fanno nulla o non fanno abbastanza per supportare l’unica entità genuinamente democratica che vi si sta opponendo.
Questo perché la Rojava fa paura, perché non è un luogo dove “esportare” la “democrazia all’occidentale”, perché può rappresentare una reale alternativa al capitalismo e una via per la liberazione di tutte e tutti.
Durante l’assemblea preparativa, un ragazzo curdo ha pronunciato una frase del tutto esplicativa: “stanno morendo nel silenzio del mondo”.
Il pensiero, da parte nostra, non poteva non andare a tutti gli animali sfruttati, la cui situazione di esclusione ed estraneità costituisce la prova più evidente della tremenda violenza quotidianamente e universalmente subita.
Morire nel silenzio del mondo: un’evocazione di profonda comunanza che unisce soggetti voluti assenti che, inascoltati, invece agiscono da resistenti.
- Lontani da ogni forma di strumentalizzazione politica;
- avversi ad interpretare la questione animale alla stregua di una semplicistica - e sovente fuorviante - adesione ad uno stile di vita vegan, supposto cruelty-free;
- convinti che il problema siano tutti quegli attori sociali che parlano di democrazia ma non la applicano, sentendosi intimamente superiori nelle idee e nelle pratiche;
- vicini ad ogni singolo che soffre e che lotta,
Oltre la Specie supporta la resistenza di Kobane e la rivoluzione curda del Rojava.
Le esistenze non omologabili sono assediate perché fanno paura a chi non fa altro che controllare per mezzo della violenza mentale e fisica, finendo per rendere i corpi altrui mere risorse di potere e di ricchezza.
Oltre la specie

