CACCIA 2003:
CRONACA DI UNA STRAGE ANNUNCIATA
Approfondimenti: Articolo:
Caccia 2003: cronaca di una strage annunciata
Articolo: Gli italiani e la caccia (sondaggio)
Notizia:
E' ufficiale-RECORD di abbandoni estivi nel 2003
Articolo: Un esempio della barbarie: Caccia
ai cuccioli a Treviso, la campagna LAC
Sito:
Un massacro insostenibile (LAV)
Volantino:
Il prossimo bersaglio puoi essere tu (LAC) - pdf
Volantino:
Il prossimo bersaglio puoi essere tu (LAC) - doc
Documento:
il 72% degli italiani nel 2003 è contrario alla caccia - ABACUS
- pdf
Articolo: Campagna LAC antibracconaggio
La tremenda vita dei cani dei cinghialai
in Maremma
Articolo: Chiusura stagione venatoria
2003: 50 morti tra cacciatori e non
Articolo: L'Unione Europea condanna l'Italia
- nuovi orrori
Documento:
Dossier LAV sulla stagione venatoria 2003-2004 (LAV) - pdf
Articolo: lo stravolgimento
procaccia non passa (marzo 2004)
Articolo: caccia: i misfatti della politica
Settembre 2003
Riportiamo di seguito alcuni articoli apparti sulla stampa nazionale
e su internet riguardanti l'apertura dell'annuale strage di animali
in Italia per il "divertimento" dell'uomo, molte regioni
adducendo motivazioni ingiustificabili hanno previsto una pre-apertura
della caccia sul loro teritorio, queste le reazioni di associazioni
e rappresentanti della politica.
Articoli:
Alla vigilia della nuova stagione venatoria, scontro tra ambientalisti
e
regioni
DOPPIETTE ITALIANE SENZA GUINZAGLI!
Dal primo settembre partenza anticipata della caccia in ben 16
regioni,
ufficialmente solo per alcune specie. Così, in Campania si
potrà sparare
nonostante gli incendi che hanno indebolito la fauna, e in Sicilia
si potrà
liberamente tirare alla lepre italica, specie protetta. Ma le associazioni
promettono battaglia, anche contro la modifica della legge 157,
e annunciano
ricorsi ai Tar.
SARA MENAFRA
E'partito il count down. Dal prossimo primo settembre, in sedici
regioni d'Italia, la stagione della caccia si aprirà prima
del tempo. La possibilità di anticipare l'apertura è
prevista dalla legge seguita al referendum anti-doppiette del 1990
e viene sfruttata da tempo. Almeno teoricamente, dovrebbe essere
una apertura limitata ad alcune specie migratorie che all'avvio
ufficiale della stagione venatoria avranno già lasciato il
nostro territorio. In pratica, però, una volta che il fischio
d'inizio c'è diventa molto difficile verificare che i cacciatori
si dedichino solo a determinate specie e rispettino i limiti di
movimento sul territorio stabiliti dalla legge. Quest'anno poi,
le associazioni ambientaliste sono davvero sul piede di guerra e
annunciano una battaglia a colpi di ricorsi ai Tar. A preoccuparle
sono, prima di tutto, la siccità e gli incendi dell'estate
non ancora finita. Molti uccelli selvatici e piccoli mammiferi non
sono scampati alle fiamme e quelli che si sono salvati saranno costretti
a cercare di sopravvivere tra alberi inceneriti e arbusti con i
frutti rinsecchiti dalla poca acqua. L'unico capace di fermare la
carneficina sarebbe il presidente del consiglio e le maggiori associazioni
ambientaliste italiane, dalla Lipu (Lega italiana protezione uccelli)
al Wwf, hanno lanciato un appello a Berlusconi, rimasto per ora
inascoltato.
A scegliere per l'apertura anticipata della stagione di caccia
sono state anche regioni particolarmente colpite dagli incendi,
come la Campania. Terza per numero di incendi collezionati (845),
questa regione ha deciso di dare il via libera ai cacciatori prima
del tempo, nonostante le richieste delle associazioni ambientaliste
e il parziale dissenso dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica,
che aveva suggerito di consentire solo la caccia alla quaglia. «In
realtà la regione Campania non potrebbe anticipare proprio
nulla - spiega Fulvio Mamone Capria, della Lipu - per farlo dovrebbero
avere un Piano faunistico venatorio che non hanno, perché
il nostro ricorso al Tar di due anni fa lo ha sospeso». Una
situazione del tutto simile si ripete nel Lazio, dove Storace ha
deciso di aprire la stagione in anticipo nonostante il Piano faunistico
sia scaduto da tempo.
La discussione di questi giorni si inserisce su una polemica partita
lo scorso autunno e destinata a continuare fino alla fine di quest'anno.
Quella sulle modifiche alla legge 157 del 1992, la legge nata dopo
il referendum sulla caccia e dopo una lunga trattativa tra cacciatori
e ambientalisti, con in mezzo Dc, Psi e Pci. Lo scorso 3 ottobre
la legge 221 ha cambiato il testo originario inserendo un nuovo
articolo, il 19 bis. Poche righe, ma capaci di stravolgere l'intera
legge.
La nuova versione recepisce la direttiva comunitaria 79/409 e consente
alle regioni di allargare a proprio piacimento l'elenco delle specie
cacciabili, stabilito dalla legge nazionale, inserendo anche animali
protetti o particolarmente rari. Secondo la comunità europea
la possibilità di «deroga» avrebbe dovuto consentire
di aprire la caccia esclusivamente alle specie in soprannumero,
o a quelle considerate dannose per l'agricoltura. Dato, però,
che in Italia non esistono studi aggiornati sul numero di animali
cacciabili presenti, e che anche se ci fosse non sarebbero vincolanti,
ecco che ogni regione ha utilizzato questa deroga a suo piacimento.
Così la regione Sicilia ha stabilito che una specie protetta
come la lepre italica possa tornare sotto il tiro delle doppiette.
E la Toscana ha inserito nel proprio calendario venatorio i fringuelli.
Secondo le associazioni ambientaliste la nuova norma è anche
anticostituzionale: l'articolo 117 della Carta prevede che la tutela
della flora e della fauna siano di competenza esclusiva dello Stato,
e invece così a decidere sono le regioni.
Fin qui lo stato dell'arte. Ma appena riprenderanno i lavori parlamentari
si aprirà una nuova discussione, questa volta sulle proposte
di modifica della legge 157 del 1992. All'ordine del giorno ci sono
otto disegni di legge presentati dal centrodestra e uno dall'onorevole
Katia Bellillo dei Comunisti italiani, tutti a favore dell'eliminazione
di gran parte dei confini che oggi limitano le doppiette italiane.
Proposte che hanno spaccato in due il fronte dei cacciatori. Da
una parte i favorevoli alle modifiche, tra cui Federcaccia, la principale
associazione di cacciatori. Dall'altra l'Arci caccia, che chiede
di mantenere in vita una legge che è stata capace di mettere
assieme le richieste degli ambientalisti e quelle dei cacciatori.
Anche il centrosinistra, Rifondazione comunista compresa, ha firmato
un documento a favore della legge. Ma in parlamento la lobby delle
doppiette sta già facendo sentire il suo peso.
Il Manifesto del 27/8/2003
Nonostante incendi e siccità quindici Regioni hanno approvato
l’apertura anticipata della caccia. Alle preoccupazioni degli
ambientalisti risponde il ministro Matteoli: «In alcune zone
non c’è problema». In realtà, in alcune
zone non c’è più niente a cui sparare
Una strage, ma per sport di Damiano
Vozzolo
Roma - Prima la buona notizia. L’Italia sta tornando selvatica.
Sciacalli, orsi, lupi, camosci e decine di altre rare specie di animali
selvatici stanno ricominciando ad arricchire i parchi naturali italiani.
Cervi e stambecchi sono scesi dalle Alpi e sono stati avvistati alle
porte di Torino e in Maremma. Nel cagliaritano si sono riprodotti
in totale autonomia il fenicottero rosa e la tortora dal collare orientale,
splendido esemplare che negli ultimi settant’anni si è
spostato dall’Asia ai Balcani fino a colonizzare l’Italia
e la Spagna. A breve poi si attende la migrazione dall’Austria
di 21 rarissimi esemplari di ibis eremita che dovrebbero far tappa
nella Valle dell’Albenga sotto l’occhio attento degli
ornitologi del Wwf, prima di riprendere il volo verso il Nord Africa.
Era estinta in Italia dal 1600.
Tutto molto bello. Troppo. Ora, infatti, la notizia cattiva. Settecentotrenta
mila doppiette in tutta Italia sono pronte a fare fuoco su quaglie,
tortore e tutto ciò che si muove, vola o saltella. Non ci
sono caldo, incendi o alluvioni che tengano di fronte all’avanzata
furiosa dell’esercito dei cacciatori. Invece di posticipare
l’inizio come chiesto dagli ambientalisti, quest’anno
la caccia inizierà prima del previsto. Quindici Regioni su
venti, infatti, hanno anticipato l’apertura della stagione
venatoria dal 21 settembre, come prescrive la legge, al 1 settembre.
L’ondata di siccità e incendi che ha investito l’Europa
ha stremato gli ecosistemi e, avvertono gli esperti, molte specie
a rischio non sopporterebbero ulteriori pressioni. Al 31 luglio
scorso erano già 43.139 gli ettari andati in fiamme nel 2003
(contro i 40.768 in tutto il 2002, secondo i dati di Protezione
Civile e Corpo Forestale), cui vanno aggiunti altrettanti bruciati
nei giorni d'agosto. E l'impatto degli incendi sulla fauna selvatica
è drammatico, limitandone il successo riproduttivo, aumentando
la vulnerabilità alla predazione, diminuendo la disponibilità
di risorse trofiche e di zone di rifugio degli animali. Questa estate
le temperature sono arrivate a valori massimi assoluti, le zone
umide si sono ridotte di un quarto e gli uccelli acquatici sono
in crisi. Gli effetti disastrosi di una stagione simile potrebbero
non essere immediati sulle popolazioni selvatiche, con il rischio
di ritrovarsi in futuro di fronte a danni irreparabili. L’istituto
nazionale della fauna selvatica, l’Infs, interpellato dalle
Regioni a giugno, aveva espresso la propria contrarietà a
tutte le ipotesi di apertura anticipata. Le Regioni hanno comunque
deciso di non seguire l’avvertimento.
Gli animali scampati al fuoco finiranno sotto il ferro delle doppiette
nonostante l’accorata lettera aperta inviata dalle principali
associazioni animaliste e ambientaliste al Presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi. «Chiediamo al Presidente del Consiglio
che non si aggiunga massacro al massacro - affermano i responsabili
delle Associazioni che hanno sottoscritto l'appello - La fauna rappresenta
un patrimonio indisponibile dello Stato, quindi al Presidente Berlusconi
chiediamo un forte segnale di sensibilità e rispetto per
la sua tutela, nell'interesse della comunità nazionale ed
internazionale (art. 1 della Legge 157/1992). Il Portogallo lo ha
già fatto. L'Italia vuole mostrare meno sensibilità,
soprattutto durante il semestre di presidenza dell'Unione Europea?
Molti migratori non torneranno più nel nostro Paese, poiché
molti siti sono stati completamente distrutti dal fuoco. L'Italia
ne deve rispondere di fronte all'Europa, poiché questa fauna
è patrimonio comune. Può, invece, consentirne l'ulteriore
sterminio con la caccia?»
Evidentemente, si.
Clorofilla.it
(lunedì 1 settembre 2003)
Gazzetta del Sud
I danni della caccia in Calabria - 2 set 03
Lipu contraria all'apertura anticipata.
Il vento della polemica soffia sulla stagione venatoria. Alle critiche
dei cacciatori che lamentano una corretta perimetrazione del Parco
della Sila si aggiungono quelle immancabili delle associazioni ambientaliste.
Scende in campo la Lega italiane protezione uccelli secondo cui
a causa della forte siccità e degli incendi doveva essere
rinviata l'apertura della caccia che come noto nella nostra regione
è stata fissata per oggi. «I nostri amministratori
hanno pensato bene di anticipare l'apertura in barba alla siccità
e agli incendi che continuano tutt'ora a flagellare la nostra Regione»,
si legge in una nota della sezione rendese della Lipu, «la
Calabria infatti è tra le 16 regioni in Italia ad aver autorizzato
la preapertura senza tenere conto delle indicazioni dell'Istituto
Nazionale della Fauna Selvatica. L'esercito delle oltre 700 mila
doppiette italiane, libere per almeno 5 mesi l'anno di scorrazzare
anche nei fondi privati e contro la volontà dei proprietari,
determina in ogni stagione venatoria la morte di 100 milioni di
animali selvatici, grossi danni agli equilibri ecologici locali
e non, mina la sopravvivenza anche di molte specie rare e vulnerabili
ed impedisce ai cittadini la fruizione di boschi e campagne. Nella
stagione 2001/2002, per esempio - secondo la Lipu -
la caccia ha causato 172 incidenti con 54 morti, 89 feriti e 7 invalidi.
Ammazzare per sport milioni di animali con il falso alibi di proteggere
l'ambiente non è un'opportunità per la collettività,
ma la sottrazione di un patrimonio comune. La tutela della fauna
è un dovere nei confronti della collettività e una
minoranza di cacciatori non può decidere il destino di milioni
di animali che, in fuga verso Sud dalle aree incendiate e secche
dell'Europa, troveranno vere e proprie trincee autorizzate inopportunamente
dalle Regioni. Affidare alle Regioni pieni poteri sulla caccia è
una mostruosità giuridica che rischierebbe di trasformare
l'Italia in un insieme di 20 “repubbliche autonome delle doppiette”.
Come se ciò non bastasse i nove disegni di legge in discussione
alla Camera, se approvati, stravolgerebbero completamente la legge
157, con l'allungamento dei periodi di caccia da agosto a marzo;
l'aumento delle specie cacciabili, incluse specie protette dall'Ue;
l'abolizione delle sanzioni penali per bracconieri e cacciatori
di frodo; la caccia nei Parchi, riserve e zone protette, ecc.. Insomma,
un pacchetto di norme per dare alla legge una esasperata devolution
filovenatoria».
Gazzetta
del Sud
Corriere della Sera
Fulco Pratesi:"Stop ai fucili come in Portogallo" - 2
set 03
Intervento del presidente del Wwf.
Il fatto che in quattordici regioni su venti si sia aperta la caccia
al 1° di settembre merita qualche considerazione. Dopo un’estate
così siccitosa torrida e martirizzata dagli incendi, i cacciatori
di buon senso e dotati di spirito sportivo avrebbero dovuto proporre
agli assessori regionali non un anticipo (come è stato fatto),
ma un posticipo dell’apertura - che per legge cadrebbe alla
terza domenica di settembre - concedendo una tregua alla selvaggina.
Il fatto di aver derogato alla legge (il Tribunale amministrativo
regionale ha già sospeso il provvedimento per quanto riguarda
il Lazio), espone animali già duramente provati ad una persecuzione
del tutto inaccettabile.
Cadono vittime delle schioppettate tortorelle e quaglie che hanno
nidificato da noi e che sono pronte a ripartire per un lungo e stressante
volo di migrazione verso l’Africa. E poi uccelli acquatici
come le anatre selvatiche, porciglioni, gallinelle d’acqua,
beccaccini e frullini i quali, per l’inaridimento di paludi
e acquitrini causa la siccità, si debbono concentrare nei
pochi luoghi ancora umidi (come ad esempio gli stagni artificiali
creati dai cacciatori proprio per attirarli), cadendo così
a migliaia sotto il piombo di doppiette e automatiche.
Ma non basta. Contravvenendo ad ogni regola di sana tecnica venatoria,
molte Regioni hanno anticipato l’apertura della caccia anche
a quelle specie definite un tempo «selvaggina nobile e stanziale»
come starne, fagiani e lepri che venivano cacciate più tardi.
Questo perché in estate molti esemplari sono ancora immaturi
mentre non poche lepri sono in stato di gravidanza.
Ancora. I cacciatori sostengono che l’allarme lanciato dagli
ambientalisti e dagli animalisti circa gli incendi di questa estate
non ha motivo di essere perché sui terreni percorsi dal fuoco
la caccia non può, per legge, essere esercitata. Essi non
tengono però conto del fatto che dalle foreste e dalle macchie
in fiamme gli animali (scampati dagli incendi che ne hanno uccisi
molti), sono dovuti fuggire rifugiandosi in territori a loro ignoti
ed esposti alle fucilate. Vittime di queste situazioni sono le specie
di bosco come ghiandaie, colombacci, merli, fagiani, lepri e altre
cui la caccia non sarebbe consentita, le quali - per la quasi assoluta
mancanza di controlli e sorveglianza - saranno impunemente presi
di mira da cacciatori e da bracconieri. In Portogallo con una situazione
non molto diversa dalla nostra l’apertura della caccia è
stata posticipata. Da noi si attende che i Tar, aderendo alle richieste
degli ambientalisti, sospendano le aperture anticipate riportando
l’attività venatoria a condizioni più sportive,
razionali ed ecologiche. In fondo, date anche le situazioni climatiche
e ambientali sempre più sfavorevoli alla vita selvatica,
sarebbe ora che si pensasse di più a salvare un patrimonio
indisponibile dello Stato (qual è la fauna) e a rispettare
la sensibilità di quel 90 per cento degli italiani che è
contrario alla caccia, piuttosto che assecondare le richieste dell’1
per cento della popolazione, quanti sono i cacciatori. Oltretutto
la Corte Costituzionale ha ribadito anche pochi mesi fa che la tutela
della fauna è competenza dello Stato e che le Regioni non
possono, come stanno facendo, derogare tale normativa nazionale.
Corriere della
Sera
Corriere della Sera
Caccia, inizio anticipato dopo l’estate di fuoco - 2 set 03
La pre-apertura giustificata dalla migrazione di alcune specie.
Solo nel Lazio il Tar l’ha bloccata: «Pericolo per l’ecosistema».
Tutti con il naso all’insù, a scrutare il cielo. Carniere
alla cintola, cartucce in canna e dito sul grilletto, i cacciatori
italiani (in tutto oltre 700 mila) da ieri possono puntare le loro
doppiette su quaglie, tortore, merli e colombacce. La stagione della
caccia è ricominciata: ufficialmente in Italia le attività
venatorie partiranno il prossimo 21 settembre, ma 14 regioni hanno
deciso una pre-apertura, giustificata dalla migrazione anticipata
di alcune specie e da particolari emergenze agricole. «Ma
l’estate caldissima e gli incendi devastanti - spiegano alla
Lega italiana protezioni uccelli - hanno già sterminato milioni
di volatili, proprio nel periodo della riproduzione: la contemporanea
apertura della caccia mette a rischio specie già in grave
declino». Gli enti regionali, però, si sono avvalsi
dell’articolo 19 bis della legge 157, che consente deroghe
sulle date d’inizio e sul numero di prede. Anche la Regione
Lazio ne aveva fatto uso, ma il Tar ha emesso un procedimento cautelare
sospensivo giustificato dalla «sussistenza di pericolo di
un danno grave ed irreparabile» all’ecosistema animale.
POLEMICHE - Quest’anno il consueto scontro tra cacciatori
e ambientalisti, dunque, si combatte anche a colpi di carta bollata.
Il responsabile della Lav, Ennio Bonfanti, parla «dell’ennesima
stagione di sangue e di distruzione, che trasformerà i cieli
e i campi italiani in un cimitero per milioni di animali».
Saranno 100 milioni, secondo gli ambientalisti, gli animali abbattuti.
In questi giorni nel mirino delle doppiette finiranno soprattutto
gli uccelli migratori. «La popolazione di quaglie, pernici
rosse, tortore, anatre marzaiole e codone - sostiene Fulvio Mamone
Capria, dirigente nazionale della Lipu - è stata pesantemente
decimata dal caldo e dai roghi. L’Istituto nazionale di fauna
selvatica ha spiegato che gli incendi boschivi, la siccità
prolungata e le anomalie climatiche hanno messo a rischio almeno
otto specie rare e vulnerabili, che sono state comunque inserite
nella lista delle prede». Secondo Capria le lobby venatorie
ormai dettano legge. «Non solo il governo non ci ascolta -
conclude -, ma anche le Regioni fanno orecchie da mercanti, preferendo
difendere gli interessi di pochi contro la volontà della
stragrande maggioranza degli italiani».
LE REGIONI - La caccia non ha colori politici, «è trasversale.
Come la morte, livella tutto: ricchi e poveri, Nord e Sud, destra
e sinistra, colti e ignoranti»: dalla Federcaccia spiegano
così che ben 15 regioni, governate indistintamente dal Polo
o dall’Ulivo, abbiano deciso di sfruttare la deroga per anticipare
la stagione. La Toscana è la regione con il più alto
numero di cacciatori, e la giunta di centrosinistra ha anche disposto
l’inserimento dello storno nella tabella degli animali a cui
si può sparare, nonostante la specie sia protetta da una
direttiva europea. «Ma quei volatili non sono in pericolo
- spiega l’assessore regionale all’Agricoltura, Tito
Barbini -. Anzi. Gli storni sono troppi, stanno creando danni enormi
agli agricoltori, distruggendo vigne e uliveti. In ogni caso credo
che gli stormi siano già emigrati: i carnieri sono praticamente
vuoti».
E. Fitt.
Corriere della
Sera
Corriere della Sera
Il Tar ferma la caccia nel Lazio - 30 ago 03
Gli ambientalisti chiedono le dimissioni dell’assessore regionale.
I cacciatori dovranno avere pazienza. E attendere ancora l’avvio
della stagione. La preapertura non ci sarà. Lunedì
ferme le doppiette, per volontà del Tar. Esultano ambientalisti
e centrosinistra, Lav e Lac (Lega antivivisezione e Lega abolizione
caccia) sottolineano la «formidabile vittoria» e reclamano
- assieme al capogruppo dei Verdi alla Pisana, Angelo Bonelli -
le dimissioni dell’assessore all’Agricoltura, Antonello
Iannarilli. L’Arcicaccia, a sua volta, pretende che la Regione,
oggi stesso, vari un decreto che superi lo stop.
L’assessore Iannarilli si difende. Precisa che il Tar ha deciso
«in assenza di contraddittorio» e spiega che la preapertura
riguardava «solo ed esclusivamente quelle specie per le quali
l’Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs) aveva dato
parere positivo».
Ma il presidente del Tar, Corrado Calabrò, cita «le
preoccupazioni espresse dall’Infs» e scrive che non
gli sono apparse «congruamente confutate». Il ricorso,
presentato dall’avvocato Elisa Mattogno per conto della Lav
e della Lac, è stato accolto «al fine di evitare il
paventato grave e urgente danno alla fauna selvatica».
«È stata sconfitta l’arrogante politica di liberalizzazione
selvaggia della caccia», sostengono Ennio Bonfanti (Lav) e
Claudio Locuratolo (Lac), che calcolano in 10 milioni e 800 mila
i volatili risparmiati al piombo: ciascuno dei 68 mila cacciatori
laziali può infatti abbattere 160 animali. «Dopo la
siccità e gli incendi sarebbe stato un massacro», conferma
il capogruppo del Prc alla Pisana Salvatore Bonadonna. Soddisfatti
il deputato Paolo Cento, gli assessori all’Ambiente del Comune,
Dario Esposito, e della Provincia, Filiberto Zaratti, e il presidente
dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, che chiede al governo di bloccare
le preaperture anche nelle altre 15 regioni che le hanno previste.
Venerdì prossimo il Tar discuterà nel merito il ricorso.
In ballo ci sono altre quattro date: 6, 7, 13 e 14 settembre. Se
la Lav e la Lac vinceranno ancora, i cacciatori, per imbracciare
le doppiette, dovranno attendere il 21 settembre.
Lavinia Di Gianvito
Corriere della
Sera
La Nazione
"Scandalosa la preapertura della caccia" - 1 set 03
Polemica in Toscana per l'anticipazione della stagione venatoria.
«Nonostante l'autorevole parere contrario dell'Istituto nazionale
fauna selvatica, la Regione ha concesso la possibilità alle
Province di dichiarare due giorni (oggi e il 7 settembre), di apertura
anticipata della caccia». Tuonano il Gruppo consiliare Verdi
della provincia, la Lipu e il Wwf.
«Purtroppo dobbiamo constatare — scrivono in una nota
— che la Provincia non ha manifestato dubbi su tale concessione,
e questo senza considerare l'esistenza di fattori aggravati per
la normale vita dell'avifauna: il lungo periodo di siccità
e l'incendio doloso che ha distrutto (che strana coincidenza...)
lo stagno del Biscottino, l'unica zona umida di tutta la porzione
settentrionale del territorio livornese che, protetta da canneto,
poteva fungere da rifugio per gli uccelli acquatici. A tal proposito
è stata presentata un'interpellanza».
I Verdi, Lipu e Wwwf attendono una risposta dalle amministrazioni
e chiedono ai cittadini di «reagire, di far sentire il loro
disappunto telefonando o inviando mail e fax ai giornali e all'amministrazione
provinciale, di appoggiare la campagna contro la caccia indiscriminata
sottoscrivendo la petizione».
«Visto che sperare in un ravvedimento dell'ultimo minuto è
pura utopia — concludono nella nota — chiediamo almeno
che le amministrazioni le ragioni di questa preapertura di caccia».
Infine, il capogruppo consiliare dei Verdi, Gabriele Volpi sottolinea
il suo disappunto: «E' scandaloso il silenzio del ministro
Matteoli di fronte all'apertura anticipata della caccia. La siccità
e gli incendi hanno già decimato gli animali selvatici. Le
conseguenze di questa riapertura saranno irreversibili su alcune
specie».
La Nazione
Per informazioni ed approfondimenti:
http://www.abolizionecaccia.it
http://www.cacciailcacciatore.org
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